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“Gli sgomberi colpiscono le famiglie in crisi e non la criminalità”: a Roma il comitato del Quarticciolo contro il decreto Caivano

Dopo la maxi operazione del 25 febbraio scorso, cresce la tensione nella zona. Il "Quarticciolo ribelle" ha annunciato un'assemblea per discutere un futuro del quartiere contro "l'approccio emergenziale"
“Gli sgomberi colpiscono le famiglie in crisi e non la criminalità”: a Roma il comitato del Quarticciolo contro il decreto Caivano
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A Roma, nel quartiere Quarticciolo, la tensione è tornata a salire con una maxi operazione il 25 febbraio delle forze dell’ordine e con l’ennesimo sgombero che ha coinvolto tre appartamenti popolari Ater in via Cerignola 4. L’operazione si inserisce nel quadro del decreto Caivano, che ha deciso il commissariamento di aree considerate in emergenza. Se per le istituzioni si tratta di un passo necessario per il ripristino della legalità, per gli abitanti del quartiere è solo l’ennesima dimostrazione di una politica securitaria che colpisce i più deboli senza offrire soluzioni. Gli sgomberi hanno scatenato la reazione immediata dei residenti e del comitato “Quarticciolo Ribelle”, che denuncia lo stato di abbandono del quartiere. Gli attivisti parlano di una situazione insostenibile, con case fatiscenti, spazi pubblici abbandonati e servizi inesistenti. “Le istituzioni ci abbandonano, non c’è manutenzione per gli edifici popolari e l’unica risposta che arriva è la polizia. Si trovano i fondi per gli sgomberi, ma non per riqualificare il quartiere”, hanno detto gli abitanti in questi giorni.

Pietro Vicari, geografo e ricercatore del Politecnico di Milano e attivista di Quarticciolo ribelle, ha denunciato a Ilfattoquotidiano.it come questo tipo di intervento non faccia che aggravare le condizioni del quartiere: “È un approccio emergenziale, basato esclusivamente sull’ordine pubblico, che ignora le dinamiche sociali del territorio. Si pensa di risolvere il problema della criminalità sgomberando le occupazioni, ma in questo modo si colpiscono prima di tutto le famiglie in difficoltà economica, senza fornire loro alternative abitative e senza contrastare realmente le criminalità organizzata”. E l’operazione del 25 febbraio, ha aggiunto, “è stata la rappresentazione plastica di questo modello: un intervento securitario che non distingue tra chi occupa per necessità e chi è coinvolto nella criminalità”. Per Vicari la scelta di applicare il decreto Caivano è stata meramente politica: “Ci sono state audizioni alla Camera, ma la decisione finale l’ha presa la politica senza realmente ascoltare il territorio”, ha detto. “A distanza di due mesi dall’annuncio del decreto Caivano, nessuno ha spiegato chiaramente perché si sia deciso di intervenire proprio sul Quarticciolo e quali siano i dati alla base di questa scelta”. Infine, secondo il ricercatore, le istituzioni dimenticano che occupare spesso non è una scelta: “Abitare in una casa popolare senza titolo è una questione di disagio economico e sociale, ma qui si fa di tutta l’erba un fascio, equiparando chi è in difficoltà a chi spaccia”.

Nel frattempo, la situazione del quartiere resta critica: edifici fatiscenti, spazi pubblici abbandonati e servizi essenziali carenti. Tutti problemi, che in parte il comitato e le associazioni hanno provato a colmare. Infatti, realtà come Quarticciolo Ribelle provano a costruire risposte diverse: la palestra popolare dove si pratica pugilato agonistico, il doposcuola attivo tre giorni a settimana per sostenere bambine e bambini con i compiti, il laboratorio di birrificazione dove si può imparare un mestiere, la micro stamperia, lo sportello per il diritto alla casa, il CAF e l’ambulatorio popolare.

Attività messe a rischio dalle azioni che deciderà di intraprendere il commissario straordinario Fabio Ciciliano per l’applicazione del decreto Caivano, insieme agli sgomberi previsti nei prossimi mesi di venti famiglie e dell‘ex commissariato, sede del doposcuola e presidio di legalità per il quartiere. Di fronte a questa prospettiva, il comitato “Quarticciolo Ribelle” ha convocato un’assemblea per il 1° marzo, con l’obiettivo di costruire un’alternativa concreta al modello imposto dal decreto Caivano. “Lo Stato, quando si ripresenta nelle periferie, lo fa solo con sgomberi e polizia. Noi vogliamo un cambiamento radicale che dia ai territori il potere di decidere sul proprio futuro. Un futuro che offra alternative reali: scuola, spazi aggregativi e servizi ”. Esiste già un piano di riqualificazione elaborato da associazioni e l’università e in parte finanziato con 20 milioni di euro dal Comune, che prevede la riapertura di un asilo, la riqualifica di una piscina comunale e il recupero di spazi pubblici, ma quei fondi non bastano.

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