Meat is Murder, l’album denuncia degli Smiths compie quarant’anni: un pugno diretto

L’11 febbraio 1985 usciva Meat Is Murder, il secondo album degli Smiths. Un disco che non cercava consensi, ma lasciava segni. Più spigoloso, più arrabbiato, più netto del debutto. Il titolo? Un pugno diretto, senza possibilità di schivarlo. Morrissey e Marr non scrivevano dischi per piacere a tutti, e si sente. A distanza di quarant’anni, questo album è ancora una sfida, una dichiarazione di intenti che non ha perso mordente. Nei consueti nove punti di questo blog vi mostro nove chiavi per rientrare in quel mondo e lasciarsi travolgere ancora una volta.
Cominciamo!
1. Il più politico degli Smiths
C’è chi li preferisce vedere come una band malinconica e introspettiva, ma Meat Is Murder è tutt’altro che intimista. È un disco che morde, che attacca senza mezze misure. Morrissey scaglia la sua rabbia su chi mangia carne, su chi ignora la sofferenza animale, su un mondo che si nutre di crudeltà. Ogni nota, ogni parola sembra concepita per scuotere, per smuovere le coscienze, per far male se necessario. “Non volevamo essere comodi”, disse Johnny Marr. Missione compiuta: l’album si infiltra nella pelle come una spina, fastidioso, insistente.
2. Una copertina che non lascia scampo
Quel casco militare, quella scritta. Meat Is Murder al posto di uno slogan di guerra. L’immagine di un marine in Vietnam, rubata a un documentario del ‘69, manipolata e trasformata in manifesto. Un’accusa? Un’iperbole? Un monito? Di sicuro, un colpo allo stomaco. È la guerra spostata su un altro fronte, quello etico, quello morale. Non c’è bisogno di spiegazioni, la copertina svela ogni intenzione: brutale, diretta, senza vie di fuga. La provocazione non è mai stata così palpabile, così diretta.
3. “How Soon Is Now?” non doveva esserci (e in UK infatti non c’era)
Negli Stati Uniti hanno pensato bene di infilare How Soon Is Now? nel disco, perché “era un peccato sprecarla”. In UK, invece, Meat Is Murder rimase fedele alla sua natura: compatto, coerente, privo di concessioni. Marr era perplesso: “Era come piantare un albero esotico in un giardino inglese.” Eppure, ironia della sorte, quella canzone che non doveva esserci è diventata uno degli inni assoluti degli Smiths.
4. L’urlo della scuola britannica
The Headmaster Ritual è un pugno in faccia ai collegi inglesi, alle frustate, agli insegnanti sadici, a un sistema educativo costruito sulla paura. Un colpo secco, ben assestato, che arriva dritto allo stomaco quando meno te lo aspetti. Perché Marr non accompagna questa denuncia con suoni cupi o rabbiosi, ma con riff scintillanti, accecanti come la luce riflessa su una lama. La sua chitarra danza con eleganza sopra un testo che affonda i denti nella carne, creando un contrasto spiazzante, quasi crudele. “Le scuole inglesi erano fabbriche di infelicità”, dichiarò Morrissey senza mezzi termini. Non è solo un ricordo amaro, ma una denuncia che attraversa la storia personale di Morrissey e diventa universale.
5. La rabbia dentro gli accordi
Se il debutto degli Smiths rappresenta lo scintillio di una lama sotto il sole, Meat Is Murder è il coltello affilato che affonda nel buio. Marr sporca il suono, alza il volume, lo rende più spigoloso. Barbarism Begins at Home è funk storto, un groove velenoso che serpeggia e non ti lascia scampo. “Volevo che la chitarra non fosse solo un accompagnamento, ma un elemento di disturbo, un suono che costringesse a reagire – afferma il chitarrista – e continua: Doveva scuotere, spingere chiunque l’ascoltasse a sentire qualcosa, anche fosse solo disagio o tensione”. E non c’è dubbio che ci sia riuscito: ogni accordo è un colpo secco, ogni nota incide senza esitazione.
6. Il pezzo più scomodo
Diciamocelo: quanti ascoltano la title track con piacere? Meat Is Murder è lenta, disturbante, piena di suoni di macelli e versi di animali. Non è una canzone da cantare, non consola, non lascia via di fuga. Morrissey voleva che facesse male. E lo fa. “È la canzone più importante che abbia mai scritto,” dichiarò, convinto che la musica potesse essere un’arma, un’accusa impossibile da ignorare. Marr non era convinto, ma lasciò fare. “Era il momento più cupo degli Smiths,” disse anni dopo. Ascoltatela a volume alto e poi vediamo se vi va ancora di masticare qualcosa.
7. Una band che cambia pelle
Quando gli Smiths scelsero di intitolare il loro secondo album Meat Is Murder, Morrissey era già un vegetariano convinto, mentre per gli altri membri della band il tema non aveva lo stesso peso. Eppure, qualcosa cambiò durante la realizzazione del disco. Johnny Marr, inizialmente distante da quel messaggio, decise di fare una scelta drastica: “Dal momento in cui realizzammo Meat Is Murder, non mangiai mai più carne. Ovviamente no; non potevo essere ipocrita”, dichiarò in seguito. Morrissey, dal canto suo, volle che l’impegno fosse totale, almeno pubblicamente. Durante la promozione dell’album impose che nessun membro della band venisse fotografato mentre mangiava carne. Ancora oggi, Marr racconta con orgoglio di come molte persone siano diventate vegetariane grazie a Meat Is Murder.
8. Il successo che sorprende
È l’unico album degli Smiths a conquistare la vetta della UK Chart. Un paradosso? No, Morrissey e Marr non scrivevano – come detto – per compiacere, eppure il pubblico li ha premiati. “Forse perché non ci sono filtri, nessuna ipocrisia – disse Moz – Solo verità.”. Nonostante l’assenza di singoli pre-uscita e un suono più abrasivo rispetto al debutto, l’album non solo sfondò, ma consolidò gli Smiths come una delle band più importanti della loro epoca.
9. L’eredità scomoda
Quarant’anni dopo, Meat Is Murder è ancora un disco che divide. Ti sbatte in faccia cose che non vuoi sentire, e lo fa con una forza che non può essere ignorata. Il suo messaggio etico, radicale per l’epoca, è ancora qui, appeso come un cartello di protesta fuori dalla macelleria. Nel 1985, trattare la questione animale con quella veemenza era un atto che nessuna band, o quasi, si era permessa. Riascoltarlo oggi è ancora un atto di sfida, perfettamente incastonato nel nostro tempo. Ora, prenditi tempo, guardati la copertina, sfila il disco, mettilo sul piatto e ascoltalo ancora una volta. Sei pronto a sentirne il peso, o preferisci ignorarlo come hai sempre fatto?
Ti lascio con la consueta playlist dedicata che potrai ascoltare gratuitamente sul mio canale Spotify. Ti aspetto qui sotto nei commenti e sulla mia pagina Facebook.
Buon ascolto!
9 Canzoni 9 … degli Smiths