Di Legambiente
“Le bonifiche del Sito di interesse Nazionale di Taranto procedono a rilento e quelle del Mar Piccolo continuano a non vedere un inizio: una vergogna nazionale mentre nel territorio pugliese si continua a morire per l’inquinamento causato dall’ex Ilva. Vogliamo ecogiustizia subito: si acceleri il processo di bonifica e si garantisca il risanamento ambientale, il diritto alla salute per i cittadini e un futuro più sostenibile per Taranto”. A chiederlo sono ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera che, con la campagna nazionale itinerante “Ecogiustizia Subito: in nome del popolo inquinato”, stanno facendo tappa in alcuni luoghi simbolo dell’ingiustizia ambientale e sociale: dal Piemonte, da Casale Monferrato, una delle aree in cui insistevano gli stabilimenti ex Eternit dove ancora oggi l’amianto continua a fare vittime, al SIN di Taranto, a quello di Porto Marghera (VE), la più importante area petrolchimica d’Italia (22 gennaio) a quello di Priolo, Augusta, Melilli e Siracusa (12 febbraio); e poi il sito ex Caffaro di Brescia (12 marzo), dove è stata riscontrata una contaminazione diffusa da metalli pesanti e policlorobifenili (PCB), per arrivare al SIN Napoli Orientale (3 aprile).
Obiettivo portare in primo piano il tema del risanamento ambientale, applicare il principio “chi inquina paga”, e chiedere interventi immediati per le bonifiche mai realizzate, insieme a un piano di rigenerazione produttiva, con la partecipazione delle comunità locali, nell’ottica della transizione ecologica, per creare nuovi posti di lavoro dell’economia verde.
Ad oggi sono 42 i siti di interesse nazionale (SIN) in attesa di bonifica – per una superficie di circa 170.000 ettari a terra e 78.000 ettari a mare -, e ben 36.814 i Siti di Interesse Regionale (SIR), per un totale di 43.398 ettari perimetrati. “In Italia le mancate bonifiche – commentano le associazioni – sono un’emergenza nazionale di cui si parla poco e che va affrontata senza ulteriori rinvii. La politica e le istituzioni hanno sottovalutato questo problema, e nel frattempo ci sono milioni di cittadine e cittadini che hanno perso la speranza di futuro, tra inquinamento che permane e posti di lavoro che se ne vanno. Serve una presa di coscienza collettiva ma anche un serio impegno da parte delle istituzioni nazionali, a cominciare dai ministeri dell’Ambiente e delle Imprese, e quelle regionali e locali”.
Uno dei luoghi simbolo dove le bonifiche procedono a rilento è il SIN di Taranto, dove ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera hanno presentato nei giorni scorsi, alla presenza del Commissario straordinario alle bonifiche di Taranto, il patto di comunità sulle bonifiche contenente cinque priorità di intervento: la bonifica del Mar Piccolo, la bonifica sia delle cosiddette “aree escluse”, di diretta pertinenza dei Commissari di ILVA in AS, sia di quelle occupate dalle attività produttive in capo ad Acciaierie d’Italia in AS, il completamento delle indagini sulle aree incluse nel perimetro SIN e la rapida conclusione delle conferenze dei servizi tuttora aperte, lo sblocco dei fondi CIS già stanziati e destinati alle bonifiche di Taranto; l’assegnazione al Commissario straordinario alle bonifiche di Taranto di uno staff stabile costituito da personalità di alto profilo scientifico ed etico. A Casale Monferrato, in Piemonte, prima tappa della campagna Ecogiustizia, le associazioni hanno chiesto a fine novembre il completamento delle bonifiche del territorio riguardanti gli edifici pubblici e privati dei 48 comuni ricadenti nel SIN. È stato inoltre presentato il “Patto di comunità” annunciando la proposta di un gemellaggio tra Casale Monferrato e la città di Sibatè, in Colombia, che sta vivendo i drammatici impatti dell’amianto.
Bonificare le aree inquinate significa garantire quel diritto alla salute, all’ambiente sano e allo sviluppo locale nell’ottica della transizione ecologica. Secondo una stima di Confindustria, un investimento di 10 miliardi di euro nelle bonifiche dei SIN potrebbe creare 200mila nuovi posti di lavoro. Lo Stato, da parte sua, rientrerebbe di circa 4,7 miliardi di euro attraverso maggiori entrate fiscali e contributi sociali. In merito al tema lavori green e filiera occupazionale dell’economia verde secondo gli ultimi dati del rapporto GreenItaly realizzato da Fondazione Symbola, da Unioncamere e dal Centro Studi Tagliacarne, alla fine dello scorso anno i green jobs sono arrivati a 3,1 milioni, pari al 13,4% degli occupati.