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Ti ricordi… Guillermo “el filtrador” Stabile, il campione che fece 17 ore di traversata oceanica per segnare una tripletta col Genoa

La carriera del primo grande campione internazionale della storia del calcio
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Farsi 17 ore di traversata oceanica, vestito di tutto punto, arrivare in quella che all’epoca era effettivamente l’altra parte del mondo, pregare il presidente di farti giocare la partita che si terrà di lì a poco, vestirti, scendere in campo e fare una tripletta alla squadra più forte che c’è. Storie d’altri tempi, di poco dopo il motore, a parafrasare De Gregori, del primo grandissimo campione internazionale della storia pallonara: Guillermo “el filtrador” Stabile, che oggi avrebbe compiuto 120 anni.

Già, Guillermito nasceva il 17 gennaio a Buenos Aires, quarto di dieci fratelli: papà italiano, ovviamente, madre pure, ma nata già nel “nuovo mondo”. Magro e bassino, Guillermito deve adattare queste sue caratteristiche alla vita allegra ma non facile dell’epoca del Parque Patricio: se non si è grossi, meglio essere veloci, sguscianti, pure quando si gioca tra la polvere con una palla improvvisata. Dalla strada passa al campetto dello Sportivo Metán, dribblando avversari e sgusciando via sempre, facendolo sempre talmente bene da farsi notare dalla squadra locale: l’Huracán. Esordisce giovanissimo, come ala destra, ma ha un gran feeling col gol e man mano diventa centravanti: prima 4 gol in 10 presenze, poi 11, poi stagioni dai 25 gol in su al centro dell’attacco, lui, alto solo un metro e sessantotto.

Eppure quei dribbling e quei gol non bastavano a Guillermito per vestire la maglia della nazionale argentina: né alle Olimpiadi, massima competizione dell’epoca, né al Sudamericano, visto che davanti aveva calciatori del calibro di Roberto Cherro, Gabino Sosa e Manuel Ferreira. Ma nel 1930 si giocano i primi Mondiali: Cherro è infortunato, Ferreira deve dare un esame all’università, e per sfidare quello che all’epoca era il miglior calciatore di tutti, l’uruguaiano “El Mago” Scarone, gli allenatori dell’Argentina Olazar e Tramutola si affidano proprio a Stabile. Nella prima gara, contro la Francia, non scende in campo; al debutto in nazionale, invece, contro il Messico, Guillermo segna tre gol, poi farà doppietta al Cile e altri due in semifinale contro gli Stati Uniti. Farà gol pure in finale contro l’Uruguay, portando in vantaggio momentaneamente i suoi, che però alla fine perderanno per 4 a 2. Guillermo, però, sarà il primo capocannoniere dei Mondiali con 8 gol, diventando la stella di un calcio mondiale che all’epoca cominciava a trasformarsi in qualcosa di più di un divertimento dai tratti dilettantistici.

Dall’altra parte del mondo c’è il Genoa di Vincent Ardissone che, dopo aver vinto nove Scudetti, voleva tornare a primeggiare, anche avvalendosi di assi stranieri: e così Ardissone riesce a strappare il sì di Stabile, facendolo imbarcare nell’autunno del 1930 sul piroscafo Conte Rosso. Guillermo utilizza quella traversata anche come viaggio di nozze, visto che si era sposato qualche giorno prima di partire. All’arrivo al porto di Genova trova una folla festante, e il richiamo del campo è fortissimo: si dice disposto a giocare subito, peraltro contro il Bologna, una squadra fortissima con l’ambizione di dominare il calcio italiano. Il presidente e il mister, l’ungherese Szèkany, alla fine si lasciano convincere, e Stabile ancora una volta regala una tripletta all’esordio, mandando in visibilio il pubblico di Marassi.

Purtroppo, però, l’esperienza in rossoblu non avrà la stessa fortuna dell’esordio: in una gara amichevole contro l’Alessandria si fratturerà una gamba in uno scontro col portiere avversario, infortunio che lo terrà per un anno e mezzo lontano dai campi. Sorte identica gli toccherà in una gara contro la Fiorentina, con una nuova frattura. Il Genoa finirà in B, lui passerà al Napoli in prestito, in una stagione senza acuti, per poi tornare a Genova, dove però i dirigenti nutrivano dubbi sulla sua tenuta fisica. Vola in Francia, al Red Star, facendo meraviglie a partire dal provino che la società gli fa sostenere prima di ingaggiarlo. Ma è il 1938, l’Europa è sull’orlo della guerra, e Stabile torna in Argentina, dove inizia la carriera da allenatore, guidando il Racing, vincendo per tre volte il campionato, e la nazionale, portandola a vincere per sei volte la Copa América e a far emergere una generazione di talenti da Sivori a Di Stefano.

Leggero, Stabile, in campo e fuori, come quando schernendosi rispondeva ai giornalisti che gli chiedevano di un gol bellissimo: “Ho chiuso gli occhi e tirato in porta”; o da allenatore rifletteva che ormai “gli europei, a furia di guardare a tattiche e schemi, si sono dimenticati di far giocare i calciatori”. Morirà nel 1966 a Buenos Aires.

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