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Libia, eletta la prima sindaca: un segnale importante, ma gli ostacoli non mancheranno

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Il 30 dicembre Zaira al-Fitouri è stata eletta sindaca di Zliten, una città costiera della Libia circa 150 chilometri a ovest della capitale Tripoli. È stato un fatto storico, frutto dell’attivismo delle donne libiche e anche dell’azione dell’Unità di sostegno alle donne, un organismo interno all’Alta commissione elettorale nazionale che ha il mandato di favorire la partecipazione delle donne alla vita politica, incoraggiarne la candidatura e riconoscerne il ruolo di leader. La stessa al-Fitouri è un’attivista per i diritti delle donne, riconosciuta lo scorso anno “Donna ispiratrice” dal ministero degli Affari delle donne del Governo di unità nazionale, quello riconosciuto dalla comunità internazionale.

Non c’è dubbio che la sindaca saprà difendersi dall’ambiente misogino che la circonda. Ha iniziato col definire “disonorevoli” le parole del suo predecessore, Omar al-Sagheer, che avrebbe preferito continuare il mandato o cederlo a un altro uomo dato che, parole sue, “una donna non dovrebbe ricevere ospiti”, se non forse a casa sua.

All’indomani dell’elezione di al-Fitouri, la sede del Consiglio comunale di Zliten è stata provvisoriamente chiusa e nelle moschee locali è iniziata una mobilitazione contro l’elezione della sindaca. Come sempre, la misoginia è esplosa sulle piattaforme social. Con al-Fitouri si è schierata Huria Eltarmal, ministra degli Affari delle donne del Governo di unità nazionale, definendo “inaccettabile” il comportamento di chi sta cercando di ostacolare la sindaca. Sadiq al-Ghariani, il gran muftì della Libia – ossia la suprema autorità giuridica islamica sunnita dello stato – si è pronunciato in modo sibillino: nessuna obiezione all’assegnazione di incarichi pubblici di rilievo alle donne, purché rispettino i valori della shari’a.

La partecipazione delle donne alla vita politica nella zona della Libia governata da Tripoli sembra sempre più un tema di scontro all’interno del Governo di unità nazionale e, probabilmente, salvo la genuinità e il coraggio delle dirette protagoniste, anche uno strumento per ottenere maggiore consenso dagli stati dell’Unione europea.

Due mesi fa, in questo blog, avevamo denunciato la svolta “iraniana” del ministro dell’Interno Imed Trabelsi. Gli aveva risposto la stessa ministra Eltarmal, dichiarando che “la nostra società ha sue specificità e principi religiosi che devono essere rispettati e aderirvi è normale, ma è chiaro che non sarà esercitata alcuna pressione al riguardo”. Alla fine aveva preso posizione anche il primo ministro Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh: Trabelsi ha parlato da “beduino” – apparentemente ricordando la sua origine e non insultandolo – e non da ministro.

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