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Divieto di fumo all’aperto a Milano? Basta coi provvedimenti ridicoli: o si cambia o si muore!

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di Sara Gandini e Paolo Bartolini

Sembra una barzelletta, ma è fatto dei giorni nostri. A Milano dal 1° gennaio è scattato il divieto di fumo all’aperto. Per ridurre l’inquinamento (!) e salvaguardare l’aria, l’amministrazione vieta quasi ovunque ai fumatori di essere tali. La notizia surreale merita un commento perché, a nostro avviso, rappresenta nel suo piccolo un grande problema di questo tempo. Il disastro ecoclimatico, insieme a guerre, diseguaglianze sociali e flussi migratori in crescita esponenziale, denunciano la crisi radicale di un modello di sviluppo energivoro, iniquo e distruttivo.

Dinanzi a tali urgenze le autorità, prive di direttive che possano incidere strutturalmente sulle questioni in gioco – e qui, in particolare, sull’inquinamento causato da traffico, produzione industriale ed emissioni massicce da parte delle frange più ricche della popolazione – reagiscono seguendo lo stesso copione sperimentato durante la gestione (più pazza del mondo) della pandemia. Dal 2020 abbiamo assistito, infatti, a finte soluzioni emergenziali, tutte centrate su un penoso “scaricabarile”. I governi per decenni hanno effettuato tagli e definanziamento a danno della sanità, per poi lamentare in pieno caos il rischio che i cittadini non vaccinati riempissero le terapie intensive (ovviamente prive di posti letto e di personale addetto).

Che l’inquinamento sia causa di un aumento della mortalità è indubbio. Una meta-analisi di 14 studi sull’inquinamento atmosferico esterno ha riportato un aumento statisticamente significativo del 9% del rischio di incidenza o mortalità per cancro al polmone per ogni aumento di 10 μg/m3 delle concentrazioni di PM2,5 e in 9 studi sul PM10, un aumento dell’8% del rischio per 10 μg/m3.26. Si stima che l’inquinamento atmosferico causi quasi sette milioni di morti all’anno. Questa cifra è paragonabile all’eccesso di mortalità causato dal Covid-19 nel 2020 e 2021.

Le evidenze scientifiche mostrano che uno dei metodi più agevoli ed efficaci per ridurre l’inquinamento sarebbe quello di investire nel trasporto pubblico abbassandone i costi, non impedire di fumare all’aperto. Mentre oggi a Milano – in mancanza di azioni concrete per agevolare il trasporto pubblico, contro l’obsolescenza programmata delle merci, le pubblicità che inducono forzosamente consumi superflui, le grandi opere inutili che sventrano i nostri territori – si sceglie di imporre nuovi divieti alle persone lasciando intendere, tra le righe, che siamo messi come siamo per colpa dei vizi dei singoli.

Il caso del fumo all’aperto da perseguire con multe e reprimende moralistiche è la punta di un iceberg che, sotto la superficie del ridicolo, nasconde il corpo massiccio del rimosso freudiano. Cos’è che preme alle porte della coscienza e continuiamo a rigettare, negandolo e proteggendoci dalla sua presenza perturbante? La bancarotta dell’ideologia neoliberista, delle sue promesse di felicità e prosperità. O si cambia o si muore, questo dobbiamo dirci, e non stiamo parlando di abitudini come il fumo o l’uscita fuori porta con l’utilitaria di fantozziana memoria.

Ciò che va trasformato alla radice è il sistema socioeconomico e culturale dominante, con le sue ingiustizie intollerabili e con quell’ipocrisia che da anni si nasconde dietro una facciata perbenista di attenzione alla salute delle persone. Salute trascurata metodicamente, in realtà, perché inversamente proporzionale all’espansione delle occasioni di profitto dei prenditori italiani ed esteri, gli stessi che vogliono privatizzare i beni comuni e anche l’aria che respiriamo. L’aria che l’amministrazione milanese crede di purificare costringendo i fumatori a restare chiusi in casa come sorci. Questo è puro burionismo: lo scaricabarile delle élite sui ceti popolari, medi e sulla classe lavoratrice, elevato a forma di governo.

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