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Guido Meda: “Quasi morto in un incidente con la moto e che spavento il naufragio in barca. Vi racconto un episodio legato a Simoncelli”

Il telecronista della MotoGp racconta tre drammatici episodi vissuti
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“Per 10 centimetri non ho battuto il collo, altrimenti non sarei qui”. Lo storico telecronista della MotoGP Guido Meda ha concesso un’intervista al Corriere della Sera in cui si è raccontato. Tra gli argomenti trattati, la voce che ha raccontato le gesta di Valentino Rossi e degli altri piloti italiani ha voluto soffermarsi su tre drammatici episodi vissuti: l’incidente (quasi fatale) in moto, il naufragio in barca e il ricordo di Marco Simoncelli.

Nel 2003, mentre andava in redazione, Meda è stato coinvolto in uno spaventoso incidente: “Viale Forlanini, una signora con una Toyota fa inversione. Si ferma, penso ‘Mi ha visto’ e do gas. Ma una volta vicino, lei riparte. Per evitarla prendo lo spartitraffico con il guard rail, i cartelli, il marciapiede altissimo. La mia moto si spacca in due, una metà finisce in fiamme, l’altra su un taxi. Io nel mezzo, sdraiato – racconta il telecronista – Avevo dieci fratture, braccio destro paralizzato e a penzoloni. Ma non ho mai avuto l’impressione di morire, forse non era arrivata la mia ora”.

Anche nel 2018 Guido Meda fu coinvolto in un altro incidente, ma questa volta in mare: “Eravamo ospiti di amici, ci sorprese una tempesta improvvisa. La barca su cui eravamo affondò a 500 metri dalla costa del Giglio, ci ritrovammo sulla zattera in acqua con 30 nodi di vento e onde di tre metri. Per fortuna, da terra, un gruppetto di persone vide la scena e diede l’allarme. La capitaneria di porto ci fece soccorrere da una barca che stava lavorando al recupero della Concordia”.

La sua voce ha commentato molti Gran Premi passati alla storia per le incedibili gesta di straordinari piloti, ma anche per aver dovuto affrontare in diretta terribili fatalità come accadde con la morte di Marco Simoncelli: “Esco dalla cabina, mi incammino nel paddock. Ricordo un silenzio inquietante, mai sentito prima. Non parlava nessuno, qualcuno era seduto sotto le palme con la testa fra le mani. Daniel Pedrosa, con cui avevo un rapporto normale, si avvicina e mi abbraccia. Piangiamo insieme, ci confortiamo. Poi sono andato al centro medico a salutare Marco”.

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