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Impronte digitali artificiali, lo studio su Nature degli scienziati italiani: “Non sono clonabili”

Queste impronte, applicabili a una vasta gamma di prodotti e oggetti, possono rivoluzionare le tecniche di anticontraffazione
Impronte digitali artificiali, lo studio su Nature degli scienziati italiani: “Non sono clonabili”
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Iride e impronte digitali uniche per ogni essere umano. Eppure in un contesto globale in cui la contraffazione ha enormi implicazioni economiche e può compromettere la sicurezza, lo sviluppo di impronte digitali artificiali, non clonabili, rappresenta qualcosa di estremamente utile e fino a poco tempo fa impensabile. Queste impronte, applicabili a una vasta gamma di prodotti e oggetti, possono rivoluzionare le tecniche di anticontraffazione, rendendole sempre più sicure ed efficaci. Una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications da un gruppo di ricercatori e ricercatrici dell’Istituto nazionale di ricerca metrologica (Inrim) e del Politecnico di Torino, segna un passo in avanti in questa direzione.

Lo studio mostra come sia possibile incidere impronte digitali grazie alle nanotecnologie. Le caratteristiche morfologiche di queste impronte digitali, codificabili anche in matrici binarie simili ai Qr-Code, sono non clonabili e possono essere utilizzate come identificativi univoci su una vasta gamma di materiali, oggetti e prodotti. Imitando il processo di formazione delle nostre impronte digitali, i ricercatori e le ricercatrici hanno mostrato come sia possibile ottenere impronte digitali artificiali alla nanoscala, grazie all’auto assemblaggio di materiali polimerici, dove l’unicità è garantita dalla aleatorietà intrinseca del processo stesso.

“Abbiamo dimostrato come le impronte digitali artificiali, oltre ad essere altamente stabili nel tempo, siano anche molto resistenti ad alte e bassissime temperature” commentano Chiara Magosso e Irdi Murataj, rispettivamente dottoranda del Politecnico di Torino e ricercatore dell’Inrim. “Tali impronte digitali artificiali in miniatura abbinate allo sviluppo di algoritmi di riconoscimento immagini – aggiungono Gianluca Milano e Federico Ferrarese Lupi, ricercatori dell’Inrim – aprono nuovi scenari per lo sviluppo di tecniche di anticontraffazione sempre più sicure che sfruttano l’intrinseca stocasticità dei processi di autoassemblaggio di materiali alla nanoscala”.

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Lo studio

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