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Femminicidio Lorena Quaranta, nell’appello bis chiesti 24 anni per il fidanzato infermiere “stressato dal Covid”

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La sua condanna all’ergastolo era stata annullata, tra le polemiche, dalla Cassazione e quindi il processo è tornato davanti a una nuova Corte d’asside d’appello. E così oggi la Procura generale di Reggio Calabria ha chiesto 24 anni di carcere per l’infermiere Antonio De Pace, il giovane del vibonese che il 21 marzo 2020 a Furci Siculo (Messina) ha ucciso la sua fidanzata, Lorena Quaranta che stava per laurearsi in medicina. Una condanna inferiore al fine pena mai perché sono state valutate le attenuanti. Al termine delle discussioni dell’udienza che si è tenuta oggi, il processo è stato rinviato al 28 novembre quando la Corte d’assise d’appello si ritirerà in camera di consiglio per la sentenza.

Dopo l’annullamento disposto lo scorso luglio dalla Cassazione “limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche”, non riconosciute dalla Corte d’Assise d’Appello di Messina che aveva condannato De Pace all’ergastolo, il processo è finito davanti alla Corte d’assise d’appello reggina presieduta Angelina Bandiera (a latere il giudice Caterina Asciutto). La decisione della Suprema corte aveva innescato una polemica perché veniva citato un possibile “stress” generato dal “Covid”. Il rinvio disposto dalla Suprema Corte non riguardava la penale responsabilità dell’imputato, dichiarata “irrevocabile” dalla Cassazione. Piuttosto, gli ermellini avevano annullato la sentenza per procedere a un nuovo esame “che, libero nell’esito, sia esente dai vizi riscontrati”. In sostanza, i giudici di secondo grado non avrebbero tenuto conto che l’omicida sarebbe stato appunto stressato” a causa del Covid.

De Pace, dopo aver strangolato la ragazza in realtà, aveva chiamato i carabinieri e confessato l’omicidio. Ai militari aveva mostrato i polsi insanguinati con ferite superficiali. Dopo aver colpito la vittima alla fronte con un oggetto, tramortendola, l’uomo l’aveva immobilizzata e poi soffocata. Oltre a quella della premeditazione, la Procura contestava all’uomo ragazzo le aggravanti che avevano portato all’ergastolo poi annullato.

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