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Ultimo aggiornamento: 20:21 del 2 Maggio 2024

Voci di Gaza – “Ci spostiamo per sopravvivere, ma ogni volta è sempre più difficile”. L’appello di Oxfam: “Stop all’invio di armi a Israele”

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Dopo oltre 200 giorni di bombardamenti a Gaza, l’operatrice di Oxfam Hend ha voluto condividere l’impatto devastante che il conflitto ha avuto sulla sua famiglia. “Ho perso mio padre due settimane fa – racconta – a ottobre siamo stati costretti a lasciare casa nostra, lasciandoci tutto alle spalle e seguendo la falsa speranza di andare in un posto sicuro. Mio padre si è ammalato, ha avuto una grave depressione e non abbiamo avuto la possibilità di curarlo a causa del collasso del sistema sanitario”.

Oggi, giovedì 2 maggio, in tutto il mondo è in programma una Giornata globale d’azione per chiedere a tutti gli Stati di “fermare il trasferimento di armamenti, che potrebbero alimentare le atrocità e la guerra a Gaza”. Un’azione promossa, assieme ad attivisti intellettuali, artisti e da tante organizzazioni umanitarie, come Oxfam, impegnate a soccorrere la popolazione della Striscia. Nonostante la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiede un cessate il fuoco immediato – spiega Paolo Pezzati portavoce per le crisi umanitari di Oxfam Italia – Il Governo israeliano continua a usare armi e munizioni esplosive in aree densamente popolate, con enormi conseguenze umanitarie per la popolazione di Gaza”.

Per questo l’organizzazione umanitaria ha lanciato una raccolta firme (si può aderire qui) con cui chiede “di fermare tutti i trasferimenti di armi, componenti e munizioni utilizzate per alimentare la crisi a Gaza”. Un appello rivolto ai governi perché non siano “complici delle continue violazioni del diritto internazionale, adempiendo ai loro obblighi legali e garantendo un cessate il fuoco permanente al più presto”.

Il racconto Voci di Gaza fa parte di una serie di testimonianze raccolte dagli operatori e dai manager di Oxfam a Gaza che ilfattoquotidiano.it ha deciso di pubblicare. L’obiettivo è avere un racconto in prima persona da parte dei civili a Gaza, coloro che stanno pagando il prezzo più alto del conflitto.

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