Dopo le polemiche per il blitz della maggioranza sulla par condicio e poco più di 24 ore dopo l’addio di Amadeus, l’Assemblea dei Comitati di redazione e dei fiduciari della Rai ha proclamato a larghissima maggioranza (8 voti contrari e un astenuto) lo stato di agitazione e affidato al sindacato Usigrai un pacchetto di cinque giorni di sciopero. L’Assemblea – spiega una nota – “contesta la volontà di trasformare il servizio pubblico nel megafono dei partiti, e all’azienda gli accorpamenti di testate calati dall’alto che svuoterebbero Radio1 della sua vocazione all news, la mancata volontà di indire una selezione pubblica per sostituire gli oltre 100 colleghi usciti dalla Rai negli ultimi anni, il mancato rispetto degli accordi sindacali sugli organici nella Tgr, l’assenza di risorse per stabilizzare i precari che lavorano nelle reti, i tagli alle troupe e la disdetta da parte del vertice del premio di risultato”.

La protesta arriva in un clima di grande tensione. E ad appoggiare la protesta è il Partito democratico. “Siamo pienamente d’accordo”, ha detto in una nota Sandro Ruotolo, responsabile Informazione nella segreteria dem. “La Rai è ostaggio dei partiti. Ha ragione il sindacato di base delle giornaliste e dei giornalisti del servizio pubblico a lanciare l’allarme perché sta perdendo autorevolezza e credibilità. Dalla Rai stanno fuggendo i pezzi pregiati dell’intrattenimento e dell’approfondimento giornalistico. Noi, come Partito democratico, pensiamo che si debba rapidamente approvare una riforma della governance. C’è già il Media Freedom Act approvato in Europa che impone l’autonomia e l’indipendenza dalla politica del servizio pubblico. Non c’è più tempo da perdere. Bisogna agire subito prima che il declino della Rai diventi irreversibile”.

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