Con la stessa potenza con cui rispedisce la pallina nel campo avversario (chi lo ascolta da vicino dice che il rumore del suo dritto assomiglia allo sparo di un fucile), Jannik Sinner respinge ogni possibile polemica. L’ultima in ordine di tempo riguarda il ruolo di portabandiera a Parigi 2024. In questi giorni in molti hanno provato a tirarlo in mezzo alla discussione su chi porterà il tricolore e guiderà la delegazione italiana alla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi. La sua risposta? “Secondo me è giusto che lo faccia chi ha già vinto una medaglia d’oro“. Game, set and match, ancora una volta a favore di Sinner.

Fargli fare il portabandiera sarebbe una vera e propria ingiustizia, soprattutto nei confronti di altri atleti che ambiscono a questo ruolo. Il tennista altoatesino, intervistato da La Stampa, lo ha spiegato nel migliore dei modi possibili, con un ragionamento sacrosanto. “Per me sarà la prima volta” ai Giochi olimpici, ha ricordato Sinner, “sento di aver contribuito insieme ad altri a far crescere il nostro tennis, ma ci sono atleti che hanno costruito la carriera sulle Olimpiadi e lavorano quattro anni per una gara”. Il tennista numero 2 al mondo ha aggiunto: “Ho letto una intervista a Usain Bolt in cui diceva: ‘io lavoro quattro anni per correre in meno di 10 secondi‘. Per loro è un appuntamento fondamentale. Per noi tennisti anche, ma fra Slam, Masters 1000 e Coppa Davis abbiamo più occasioni”. Una risposta perfetta, come quelle in campo.

Sinner è già un’atleta di fama mondiale (meritatamente), già guadagna milioni di euro grazie agli sponsor e già si parla di lui (giustamente) ogni volta che scende in campo. Per il suo modo di intendere il ruolo di atleta e di sportivo, è un modello da seguire. Ma non ha bisogno di una vetrina del genere, che invece è un’occasione enorme per altri atleti azzurri che eccellono in sport meno seguiti nel corso dell’anno. Qualche esempio? Gianmarco Tamberi o Antonella Palmisano nell’atletica, Gregorio Paltrinieri nel nuoto o Caterina Banti nella vela. Le Olimpiadi al giorno d’oggi, d’altronde, sono soprattutto per loro. Roger Federer non ha mai vinto il titolo olimpico in singolare (un argento e un oro conquistato in doppio), ma nessuno glielo rinfaccerà mai guardando alla sua carriera.

Sul ruolo di portabandiera Sinner ha anche sottolineato: “Detto questo, se mi chiedono di farlo, mi farà molto piacere“. Un’altra risposta sulla riga, perfetta per evitare pure di essere tacciato di scarso attaccamento al tricolore (è già successo, giusto?). Proprio così: chi oggi lo butta nella mischia tra i papabili portabandiera, solo l’altro ieri lo accusava di non sentirsi italiano fino in fondo. Quando 3 anni fa un giovanissimo Sinner decise di non partecipare a Tokyo 2021 fu aspramente criticato. Quando a settembre chiese al ct Filippo Volandri di non essere convocato per le qualificazioni di Coppa Davis diventò un “caso nazionale” (così titolò la Gazzetta). Poi la storia è nota: Sinner ha trascinato l’Italia alla vittoria di quella Davis, ha conquistato l’Australian Open e praticamente non si è più fermato, arrivando al numero 2 della classifica mondiale.

E allora tutti sono saliti sul carro: dei voltabandiera che ora vogliono Sinner portabandiera. Prima l’accusa insensata e subdola di non essere abbastanza italiano, ora la proposta di ergerlo a capo della delegazione azzurra ai Giochi Olimpici? Viva la coerenza. Sinner – qui si sottolinea l’ovvio – è assolutamente degno di rappresentare l’Italia ai Giochi e anche di fare il portabandiera. Anzi, lo è più di molti atleti nonostante abbia solo 22 anni. Ma oggi altri lo meritano certamente più di lui, perché hanno già vinto medaglie d’oro e perché praticano sport che vivono alle Olimpiadi il loro unico momento di gloria. Sinner, lo vedrete, avrà tempo di prendersi tutto. Un passo alla volta, senza mai strappare e strafare. Sempre attraverso il lavoro, che è la chiave di tutto: “Dei Giochi mi piace molto l’idea di poter incontrare atleti di tante discipline, di confrontarmi con loro”.

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