È la notte fra lunedì 1° aprile e martedì 2. Ignoti forzano l’entrata della fabbrica ex Gkn di Campi Bisenzio e, raggiunta la cabina elettrica, divellono la porta e staccano l’elettricità a tutto lo stabilimento. “Strani criminali”, che hanno agito sapendo dove mettere le mani e con la chiara intenzione di scollegare la corrente all’intero edificio industriale. Operazione complessa se non si conoscono schemi elettrici e geografia dell’area.

Strano tempismo, poiché la dirigenza aziendale poco prima aveva portato in azienda un’agenzia di investigazione e fatto fare sopralluoghi, mentre da mesi agitava il tema del distacco delle utenze e di pericoli, presunti o reali, legati alla corrente elettrica. Il 21 marzo la proprietà si presenta con dei vigilantes della medesima agenzia di investigazioni da impiegare dentro lo stabilimento, mentre gli operai regolarmente a disposizione non vengono fatti lavorare. Fatto discutibile da un punto di vista sindacale, ma anche inquietante in termini democratici: perché rivolgersi a un’agenzia di investigazioni proprio dove è in corso una vertenza sindacale con un presidio per il lavoro? Lo stesso giorno la società dichiara di voler fare entrare un elettricista.

Sorge il legittimo dubbio: questi signori, come ladri nella notte, hanno fatto irruzione nella propria azienda? Hanno denunciato il caso, o erano troppo impegnati a segnalare un Festival di Letteratura organizzato di fronte all’azienda in solidarietà agli operai? Perché è evidente che, se su quell’immobile ci fossero altri interessi, di tipo speculativo, il presidio dei lavoratori e ogni ipotesi di reindustrializzazione sarebbe solo un ostacolo da abbattere.

Intanto il 26 marzo, al tavolo di crisi presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la proprietà non si presenta. “Ogni giorno in cui le istituzioni ritardano un intervento pubblico per la creazione di un condominio industriale, si lascia esposto il territorio a rischi sociali, speculativi e ambientali”, come dichiarano le Rsu. Perché c’è un passato recente che merita di essere ricordato. A novembre del 2023 viene data notizia di un’inchiesta IrpiMedia condivisa con Panorama, che Alleanza Verdi Sinistra porta poi in conferenza stampa alla Camera dei Deputati. Un’inchiesta sulla vicenda Gkn che dimostra come la multinazionale e il fondo speculativo britannico che la controlla, Melrose, già nel 2020 avessero sancito la fine dello stabilimento di Campi Bisenzio.

Come nel caso recente della Moreschi di Vigevano, controllata e ora chiusa dal fondo svizzero Hurley, anche Melrose Industries Plc è un profilo finanziario, più che industriale, interessato alla massimizzazione dei profitti per i propri azionisti: smembrare il gruppo, vendere gli stabilimenti e distribuire i dividendi. Eppure, quando nell’estate del 2021, 422 lavoratori vengono lasciati a casa senza alcun preavviso, con una mail, la dirigenza fa capire che la chiusura dello stabilimento dal giorno alla notte (cioè la sua delocalizzazione) è inevitabile e dipende da un tracollo improvviso.

In tribunale, in seguito alla vertenza aperta dai sindacati nel 2021 contro Melrose, il management dell’azienda afferma di non avere “mai sottaciuto alcunché” ai lavoratori. Invece, da almeno un anno agiva con l’intenzione di lasciarli a casa.

Nel dicembre 2021, Francesco Borgomeo, un imprenditore senza progetto e capitali, senza legami con la storia dell’azienda, la rileva a una cifra che nessuno conosce. Dà vita a Qf e assicura l’imminente ingresso di un nuovo proprietario per avviare la produzione. Ma non individua nessun acquirente. Il tutto sarebbe facilmente ricostruibile nei verbali del MiSE stesso, se il governo avesse voglia di leggere gli atti ministeriali. A che scopo dunque Borgomeo ha comprato la ex Gkn? Domanda lecita, visto che a febbraio del 2022 mette l’azienda in liquidazione volontaria e nomina un liquidatore.

Per mesi i lavoratori vengono lasciati senza retribuzione, fino all’arrivo della cassa integrazione. Molti, in assenza di stipendio, si devono dimettere. Non viene garantito loro neanche il tempestivo pagamento dei Tfr. A ottobre del 2023, Qf comunica di voler cessare definitivamente qualsiasi attività produttiva. Fa capire che intende riaprire la procedura di licenziamento collettivo per 180 dipendenti, dopo oltre due anni di vertenza.

Nel frattempo, dall’inizio di questa storia, i lavoratori e le organizzazioni sindacali hanno lavorato per restituire allo stabilimento ex-Gkn una prospettiva industriale. In assenza di aiuti e sostegno, hanno elaborato un progetto per la produzione di pannelli fotovoltaici di ultima generazione, batterie e cargo bike a ridotto impatto ecologico. A oggi l’unico progetto di reindustrializzazione esistente per garantire la continuità occupazionale e produttiva.

A settembre del 2023 quei lavoratori chiedono alla Sottosegretaria alle Imprese e al Made in Italy, Fausta Bergamotto, un incontro ufficiale. Invece di rispondere, la Sottosegretaria dichiara a mezzo stampa che il progetto della cooperativa Gff non esiste, che lei non lo conosce. Sostiene che non ci siano reali proposte di reindustrializzazione per la Gkn, che i lavoratori dovrebbero “liberare” la fabbrica, che l’unico gesto da tenere in conto sarebbe la liquidazione volontaria dell’azienda. Peccato che nell’ultimo tavolo del MIMIT si fosse parlato apertamente della possibilità di procedere con una cooperativa di lavoratori e di una proposta di accordo per ritirare la liquidazione, pagare il dovuto e mettere lo stabilimento a disposizione delle istituzioni.

Lo stesso Sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali, Claudio Durigon, si era detto disponibile ad aprire un tavolo con tutte le istituzioni per trovare una soluzione condivisa di reindustrializzazione, e soprattutto a garantire il suo supporto qualora si fosse formata una cooperativa di lavoratori. Che ne è stato di queste promesse? Perché il governo ignora la distruzione di un’eccellenza del territorio e l’azione di un imprenditore-pirata? Da chi si vuole liberare quella fabbrica? Dai lavoratori, e perché? Forse per lasciare campo libero alla speculazione immobiliare?

Senza un intervento pubblico e una politica industriale pubblica, è chiaro che a quel progetto si preferiscono la cementificazione e la speculazione immobiliare sul territorio. Perché attenzione: su questa vicenda non è emerso solo il disegno confezionato da Gkn e Melrose (condiviso da Stellantis). La società che detiene interamente le quote dell’ex Gkn, la Pvar, è controllata al 50% da Toscana Industry srl, controllata al 100% da una fiduciaria del Monte dei Paschi di Siena, controllato a sua volta per il 64% dallo Stato. Oggetto sociale di Toscana Industry e Pvar: “L’acquisto, la vendita, la permuta, la costruzione, la ristrutturazione, la gestione di beni immobili”.

Francesco Borgomeo, attuale proprietario di Gkn, ha un’altra società, la Saxa Gres, con conti in grande difficoltà, fra i cui azionisti compare Gaetano Caputi, Capo di Gabinetto della Presidente Meloni. Il governo deve rispondere di tutto ciò. Soprattutto dopo che, a dicembre del 2023, il Tribunale di Firenze ha riconosciuto la condotta antisindacale di Gkn dall’inizio dell’intera vertenza e annullato la procedura di licenziamento per i 185 dipendenti. E il Giudice non ha solo riconosciuto la fondatezza del ricorso presentato da Fiom-Cgil, ma anche l’impegno alla tutela dello stabilimento della comunità fiorentina.

Ma c’è di più: dopo aver perso in tribunale per condotta antisindacale, Qf deve applicare la legge nazionale n. 234, secondo cui le aziende sono tenute a presentare un piano sociale prima di procedere ai licenziamenti. Piano nel quale possono essere comprese le cooperative dei lavoratori e le iniziative socioculturali del territorio. Qf, però, non presenta alcun piano e quindi dovrebbe pagare la multa che ne consegue. Probabilmente per sfuggire a tale procedura, Qf ritira allora i licenziamenti. Ma non paga gli stipendi e prova ad agire tramite licenziamenti individuali, aggirando di fatto la legge e sottraendosi alla multa che dovrebbe pagare allo Stato.

Oggi Durigon dice di non poter concedete la cassa integrazione a Qf. In effetti Qf nemmeno la chiede. Eppure per due anni ne ha usufruito di senza mai avere un piano industriale. Quanti soldi pubblici abbiamo regalato finora all’operazione Borgomeo? E quali sono le relazioni tra questo imprenditore e la compagine governativa? Il governo dica come intende accompagnare il processo di reindustrializzazione ed evitare ogni atto unilaterale dell’azienda volto a ostacolarlo. Analizzi il progetto che esiste, prenda sul serio gli unici soggetti che hanno a cuore quello stabilimento e il suo futuro, mostri di voler perseguire chi nella notte ha sabotato quel presidio di democrazia. Tutto il resto è complicità.

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