Secondo le elaborazioni del centro studi di Confcommercio gli italiani stanno meglio, almeno da un punto di vista economico. Lo scorso febbraio l’indice di disagio sociale (Misery index) si è attestato a 12,8 (-0,3 punti su gennaio), il livello più basso da agosto 2009. L’associazione sottolinea che il rallentamento è stato guidato dal progressivo rientro dell’inflazione per i beni e i servizi ad alta frequenza d’acquisto (2,8% dal 3,5% del mese precedente). La disoccupazione estesa ha segnato un lieve aumento 8,5% a fronte dell’8,3% del mese precedente). La lieve crescita della disoccupazione, in un situazione di aumento dell’occupazione, è un possibile segnale di una maggior partecipazione al mercato del lavoro degli scoraggiati. In sostanza, dice Confcommercio, l’inflazione rallenta, il mercato del lavoro va piuttosto bene, quello che un lavoratore si trova in tasca è un po’ di più prima

Dall’Istat arrivano dati che confermano e smentiscono al tempo stesso questa ricognizione. Nel 2023, segnala l’Istituto di statistica, il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 4,7%. Una crescita che è però più bassa rispetto all’aumento generalizzato dei prezzi dovuto all’inflazione, in concreto, insomma, gli italiani si sono impoveriti. Il potere d’acquisto si è contratto dello 0,5%. Come emerge regolarmente dai dati sulle vendite al dettaglio, gli italiani spendono di più ma comprano di meno. La spesa per consumi sale del 6,5% in un anno. Diminuisce invece la propensione al risparmio, ossia la quota del reddito destinata ad essere accantonata, che passa dal 7,8% del 2022 al 6,3% di quest’anno.

Il livello più basso dal 1995. Ora, questo è un dato piuttosto ambiguo. Solitamente i risparmi tendono ad aumentare nei periodi di crisi quanto il futuro viene percepito come incerto e minaccioso. Viceversa le fasi espansive inducono un maggior ottimismo e facilitano la spesa. Tuttavia qui, alla base della contrazione dei risparmi, sembra esserci piuttosto l’impossibilità di accantonare del denaro a fronte di una spesa per gli acquisti, anche dei prodotti indispensabili di base, che continua inesorabilmente ad aumentare. L’Istat aggiunge che il tasso di investimento delle famiglie si porta al 9% (dal 9,2% del 2022). Il tasso di profitto delle imprese scende al 44,8% (dal 45,4% del 2022), nonostante la crescita del valore aggiunto del 6,2%.

Lo stesso Istat aveva evidenziato una decina di giorni fa lo stato della povertà in Italia, parlando di un livello di disagio economico sostanzialmente stabile ma con il dilagare di un fenomeno molto preoccupante. Quello delle persone che sono povere anche avendo un lavoro per effetto di stipendi assolutamente inadeguati per garantire un tenore di vita dignitoso.

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