La Corte di giustizia dell’Unione europea non ha accolto la richiesta, avanzata dalle Sezioni unite civili della Cassazione, di decidere in via d’urgenza sulla legittimità del decreto Cutro. Il verdetto, che risale al 26 febbraio, è stato reso noto dall’avvocata Rosa Emanuela Lo Faro, legale dei quattro migranti per cui la Questura aveva disposto il trattenimento automatico nel centro di Pozzallo (Ragusa), annullato a ottobre dalla giudice di Catania Iolanda Apostolico (imitata poi da altri colleghi) per incompatibilità con il diritto europeo.

Le Sezioni unite, chiamate a pronunciarsi sui ricorsi del ministero dell’Interno contro le decisioni di Apostolico, lo scorso 8 febbraio avevano rimesso la questione alla Corte di Lussemburgo, chiedendo di seguire l’iter più rapido previsto per casi urgenti, che però è stato negato: il caso seguirà la procedura ordinaria. “Ho ricevuto soltanto la comunicazione sintetica, non conosco la motivazione. Ritengo probabile che i giudici abbiano ritenuto non sussistere l’urgenza perché i destinatari del provvedimento sono liberi. Adesso ho due mesi di tempo per presentare una memoria e poi i giudici fisseranno la data dell’udienza”, spiega all’Ansa l’avvocata Lo Faro. Nell’attesa, sottolinea, “tutto resta fermo, compresa l’applicazione del decreto Cutro, e non solo in Italia perché le procedure accelerate, con il pagamento della cauzione di cinquemila euro, sono previste anche nel protocollo firmato con l’Albania“.

Nella questione sottoposta alla Corte di giustizia, infatti i giudici della Cassazione chiedevano in particolare di pronunciarsi sulla legittimità della garanzia finanziaria di 4.938 euro che un richiedente asilo proveniente da Paesi considerati “sicuri”, in base al decreto Cutro, deve versare per evitare di essere trattenuto in via automatica in attesa dell’esito dell’iter della domanda di protezione. Una garanzia il cui ammontare – ricordavano le Sezioni unite – “è stabilito in misura fissa anziché in misura variabile, senza consentire alcun adattamento dell’importo alla situazione individuale del richiedente, né la possibilità di costituire la garanzia stessa mediante intervento di terzi, sia pure nell’ambito di forme di solidarietà familiare, così imponendo modalità suscettibili di ostacolare la fruizione della misura alternativa da parte di chi non disponga di risorse adeguate, nonché precludendo la adozione di una decisione motivata che esamini e valuti caso per caso la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura in relazione alla situazione del richiedente medesimo”.

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