“Disprezzo nutrito per la cosa pubblica”. Così scrive la gip Arianna Raffa, che per Maurizio Croce, superburocrate della Regione siciliana, ha disposto gli arresti domiciliari, necessari “tenuto conto – scrive ancora – della fitta rete di contatti, ove è risultato che lo stesso si muove, tra Roma e Palermo, intrattenendo quindi relazioni sull’intero territorio nazionale”. Ex assessore regionale con Rosario Crocetta, membro di una delle famiglie più note di Messina, cresciuto politicamente sotto l’egida dell’ex ministro Totò Cardinale, candidato da una corazzata di centrodestra a sindaco di Messina, Maurizio Croce ricopriva un ruolo di primo piano nella “cosa pubblica” ormai da tanto tempo. Era stato nominato soggetto attuatore per gli interventi contro il dissesto idrogeologico già nel 2014, poi dopo una breve parentesi, era tornato a guidare la struttura commissariale, confermato anche da Nello Musumeci e poi anche da Renato Schifani. In passato era stato commissario pure per la regione Calabria.

Un dirigente amato trasversalmente dal mondo politico, che recentemente si è spostato completamente a destra. Lo stesso schieramento del cugino Ferdinando Croce, ora nominato, in quota Fdi, direttore generale dell’Asp di Trapani. Entrambi nipoti dello zio Luigi Croce, ex capo della procura di Messina e procuratore generale a Palermo. Secondo i pm della città sullo Stretto Croce, che nel suo ruolo di superburocrate aveva ampio potere sui lavori di risanamento in tutta la Sicilia, chiedeva regalie e favori per sè e per gli amici.

Il racconto dell’imprenditore – “Nel periodo del primo semestre dell’anno 2021 il dottor Croce mi chiede due cortesie: una cortesia era quello che serviva a un suo amico, un orologio Rolex Daytona”. È il 10 ottobre del 2022, Giuseppe Capizzi, responsabile della ditta aggiudicataria dei lavori di messa in sicurezza di un torrente a Messina, viene interrogato da Maurizio De Lucia, all’epoca capo della procura peloritana. L’interrogatorio avviene dopo alcune perquisizioni della Guardia di Finanza. Dopo le perquisizioni, Capizzi – che fino a quel momento agiva con “spregiudicatezza”, come scrive la gip – collaborerà con la procura, raccontando una serie di regalie o favori. Dichiarazioni che hanno trovato conferma nelle indagini della Guardia di Finanza e che hanno portato all’arresto di Croce e del suo fido collaboratore, Francesco Vazzana, entrambi adesso ai domiciliari. Il Rolex di cui parla Capizzi era proprio per Vazzana. Chimico di origine calabrese, titolare di uno dei negozi più noti nel centro di Messina, Vazzana era stato nominato in passato dallo stesso Croce come direttore dell’Arpa – nomina poi cessata per la pronuncia del Tar dopo gli esposti di un altro candidato -, e aveva condiviso con Croce perfino un conto bancario. Era stato proprio il superburocrate a chiedere a Capizzi di trovare un Rolex per Vazzana. E quando Capizzi aveva chiesto se doveva farselo pagare, aveva risposto: “Vazzana è come se fosse mio fratello”. “Lì ho capito che non me lo doveva pagare. Non mi disse mai ‘non te lo devi far pagare’, però io non me lo sono mai fatto pagare”, ha raccontato l’imprenditore ai magistrati messinesi. Ma il Rolex non è l’unica occasione in cui il responsabile per i lavori di risanamento contro il dissesto idrogeologico chiede a Capizzi di intervenire.

Il Verdura Resort di Sciacca, una delle strutture di lusso più conosciute della Sicilia, era stato colpito da una frana. Il responsabile della sicurezza del Resort si era dunque rivolto al superburocrate, che per tutta risposta aveva chiesto a Capizzi di risolvere la vicenda. Un lavoro di messa in sicurezza per un costo di circa mezzo milione di euro, che la struttura commissariale non poteva finanziare, secondo quello che riferisce Capizzi durante l’interrogatorio. Per questo motivo Croce avrebbe chiesto il “favore”. “Il mio interesse – spiega l’imprenditore ai magistrati – visto i lavori che lui doveva appaltare, era quello di ingraziarmi la persona di Croce che sicuramente un lavoro l’avrei portato a casa […] Ma non sono 50, sono di più 50. Ce ne sono altri[…] Ma Croce… Croce 100.000,00 euro se vuole me li fa recuperare”. In pratica Capizzi – titolare di una ditta responsabile dei lavori di messa in sicurezza consegnati dalla struttura guidata da Croce – avrebbe fatto dei lavori gratuitamente, in attesa di ottenere appalti dalla struttura commissariale per il dissesto idrogeologico.

Le dichiarazioni dell’imprenditore hanno poi trovato riscontro dagli approfondimenti di indagine della Guardia di Finanza. Come nel caso dell’auto del burocrate portata da Venetico, in provincia di Messina, fino a Roma: “Giovedì della prossima settimana è possibile portare la T-Roc a Roma?”, questa volta è Vazzana a fare la richiesta direttamente a Capizzi, inviandogli un messaggio su whatsapp, così come ricostruito dai finanzieri.

Ed è così che nell’agosto del 2022 un collaboratore di Capizzi va a Venetico, paesino sulla costa tirrenica dove Croce passa le vacanze estive, per guidar l’auto fino a Roma. Il Rolex, i lavori al Verdura, il trasporto dell’auto fino al sostegno per le comunali: Capizzi aveva versato 50mila euro, arrivati sul conto della campagna elettorale dopo altri passaggi, volti ad eludere il collegamento diretto tra l’imprenditore e il candidato. Per la giudice una “disinvolta ricezione per sé o per soggetti allo stesso vicini, di utilità di varia natura”. Intanto oggi la procura, adesso guidata da Antonio D’Amato ha trasmesso gli atti alla Regione e al comune di Messina (Croce è anche consigliere comunale) per l’eventuale sospensione. Mentre Cateno De Luca chiede che “Maurizio Croce mostri rispetto per la città e rassegni le sue dimissioni”.

*Articolo aggiornato da redazione web alle ore 17 del 15 marzo 2024

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