Anche le Sezione Unite Civili della Cassazione confermano i loro dubbi sul decreto Cutro. E visto che quella norma riguarda il diritto d’asilo è l’Europa che dovrà occuparsene. Ecco perché i Supremi giudici chiedono alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi in via d’urgenza sulla garanzia finanziaria di circa 5mila euro che un richiedente asilo deve versare per evitare di essere trattenuto in un centro alla frontiera in attesa dell’esito dell’iter della domanda di protezione.

La vicenda – Sono due le ordinanze interlocutorie con le quali la Cassazione ha accolto la richiesta del pg. Le Sezioni unite erano state chiamate a vagliare dieci ricorsi del Ministero dell’Interno sulle ordinanze con cui alcuni tribunali non avevano convalidato, nei mesi scorsi, i trattenimenti di alcuni migranti nel centro di Pozzallo, in applicazione di quanto disposto dal decreto Cutro. Il caso era scoppiato con la decisione emessa dalla giudice Iolanda Apostolico, primo magistrato che a Catania a disapplicare la legge varata dal governo di Giorgia Meloni, imitata poi da altri colleghi. Ora pure le Sezioni Unite confermano quei dubbi sul decreto Cutro, ma rinviano la questione alla Corte Ue.

Cosa dice la sentenza – Nelle 23 pagine di ordinanza il presidente Pasquale D’Ascolta chiede ai giudici del Lussemburgo di chiarire se le norme del Parlamento europeo e del Consiglio del 2013 “relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale ostino a una normativa di diritto interno che contempli, quale misura alternativa al trattenimento del richiedente (il quale non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente), la prestazione di una garanzia finanziaria il cui ammontare è stabilito in misura fissa (nell’importo in unica soluzione determinato per l’anno 2023 in euro 4.938,00, da versare individualmente, mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa) anziché in misura variabile, senza consentire alcun adattamento dell’importo alla situazione individuale del richiedente, né la possibilità di costituire la garanzia stessa mediante intervento di terzi, sia pure nell’ambito di forme di solidarietà familiare, così imponendo modalità suscettibili di ostacolare la fruizione della misura alternativa da parte di chi non disponga di risorse adeguate, nonché precludendo la adozione di una decisione motivata che esamini e valuti caso per caso la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura in relazione alla situazione del richiedente medesimo”. Saranno quindi i giudici europei a doversi esprimere sull’eventuale conflitto tra le norme comunitarie e quelle varate dal governo Meloni sulla “cauzione” da circa 5mila per i migranti.

Sospeso il giudizio sui ricorsi del Viminale – Per questo motivo i giudici, a norma dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, hanno chiesto “alla Corte di giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla questione di interpretazione del diritto dell’Unione europea” con procedimento d’urgenza. Fino alla pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea il giudizio sui ricorsi del Viminale è sospeso.

“Confermati i dubbi dei giudici di Catania” – “La Corte di Cassazione ha confermato i dubbi interpretativi che sono sorti dalla emissione del decreto Cutro. Qui in Italia le leggi non sono chiare, perché dovrebbero essere compatibili con le norme internazionali e non si capisce se lo sono. Per questo la Suprema Corte ha investito della questione la Corte Ue”, commenta l’avvocato Rosa Maria Lo Faro, difensore di sei dei dieci migranti che nei mesi scorsi erano stati trattenuti dal questore di Ragusa e poi liberati dal tribunale di Catania. “Mentre il giudice di merito può disapplicare la norma italiana per contrasto con il diritto Ue, la Corte di Cassazione – se ha un dubbio sulla conformità fra norma italiana e norma europea – ha l’obbligo di proporre il rinvio pregiudiziale”, dice invece Giovanni Zaccaro, segretario di Area Democratica per la Giustizia. “Le Sezioni Unite – spiega ancora il leader della corrente delle toghe progressiste – non hanno smentito i giudici catanesi ma hanno confermato le criticità esistenti nel cosiddetto decreto Cutro e la possibile contrarietà alla normativa europea”.

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