“Telam è un’agenzia di propaganda kirchnerista. La chiuderemo”. Il presidente argentino Javier Milei, eletto quattro mesi fa e che già in passato ha dichiarato di non amare i giornalisti, ha ha liquidato con un annuncio a freddo i 78 anni di storia della più grande agenzia di stampa argentina, una delle principali dell’America Latina. Una decisione comunicata in un discorso al Congresso, a Camere riunite, dove pure ha avvertito che rifonderà l’Argentina “con o senza il sostegno della politica”.

L’ex presidente Cristina Kirchner non è più al governo e il deficit di Telam – dove lavorano 700 giornalisti – nel 2023 ha sforato i tre milioni di dollari. Troppo per il leader di destra, che nel suo discorso ha chiarito cosa pensi del giornalismo nel Paese: una categoria “prezzolata” che “calunnia e mente in modo depravato”, la cui unica missione è quella di “assoggettare volontà”.

Parole che sono valse a Milei l’immediata condanna del Foro del giornalismo argentino (Fopea), principale associazione a difesa della libertà di stampa e di espressione. “Sono affermazioni che implicano un arretramento nella costruzione democratica, che colpiscono la libertà d’espressione con intimidazioni” tese ad indurre “all’autocensura”, si legge in una nota dell’organizzazione, in cui si ribadisce anche la “posizione a favore dell’esistenza di mezzi di informazione pubblici non governativi che rispettino la libertà d’espressione e il diritto all’informazione dei cittadini”.

Fondata nel 1945 Telam è l’unica agenzia del Paese, e una delle poche nella regione, con una rete di corrispondenti in tutte le province, e molteplici accordi di cooperazione con la stampa internazionale. Tra gli oltre 500 lanci giornalieri, ha pubblicato anche quello sulla sua condanna a morte. Un titolo secco. “Milei ha affermato che durante la sua gestione chiuderà Telam“. Quasi un necrologio. L’agenzia produce 200 fotografie al giorno da tutto il Paese e possiede anche un video-desk, una radio e un portale web. Il lancio è corredato da alcuni degli scatti più emblematici dell’archivio fotografico di Telam tra i quali alcuni riguardanti la guerra delle Falkland-Malvinas, il ritorno della democrazia, e le proteste sociali della crisi del 2001.

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