Javier Milei è il nuovo presidente dell’Argentina. Il candidato de La Libertad Avanza ha preso più del 55% dei voti al ballottaggio e il 10 dicembre entrerà in carica. Sergio Massa, lo sfidante, ha ammesso la sconfitta, senza aspettare le 21 di Buenos Aires obbligando alla pubblicazione anticipata dello scrutinio, ancora in corso, sul sito ufficiale, chiedendo pubblicamente che la transizione con Alberto Fernandez inizi immediatamente. Ha dichiarato: “È stata una campagna lunga e a tratti difficile. La giornata di oggi ratifica una cosa: che l’Argentina ha un sistema forte, solido e che rispetta sempre i risultati. Ovviamente non sono quelli che aspettavamo. Mi sono congratulato con Milei che è il presidente che gli argentini hanno scelto per i prossimi quattro anni”.

La maggioranza dei sondaggi aveva previsto la vittoria dell’ultra-liberista di destra ma non con questo distacco. Politica ed elezioni non sono quasi mai una questione matematica, ma con una partecipazione al voto quasi identica, seppur leggermente più bassa, al primo turno sembra evidente come chi votò per “Juntos por el cambio”, la coalizione dell’ex presidente Macrì, abbiamo deciso, nonostante i Radicali avessero dato altra indicazione, di votare per Milei al ballottaggio. Infatti il 22 ottobre Patricia Bullrich, candidata di Juntos Por el Cambio, prese il 23,83% delle preferenze, mentre il nuovo presidente il 29,98%. Nonostante le paure su una svolta autoritaria del paese, Maurizio Macrì ha deciso di schierarsi immediatamente con Milei contro il peronismo/kirchnerismo dirigendo il voto pro Bullrich verso il candidato dell’estrema destra.

Il ruolo decisivo dell’ex presidente argentino (e del Boca Juniors) è stato riconosciuto dallo stesso Milei nel suo primo discorso post vittoria subito prima di promettere l’inizio della “ristrutturazione dell’Argentina”. Un discorso meno scomposto e violento rispetto a quanto aveva abituato, che però lo stravagante economista ha deciso di chiudere con il suo marchio di fabbrica “viva la libertad carajo” ( viva la libertà c***o). Il neo presidente non è entrato nei dettagli del suo programma e non ha ripreso i temi cardine della sua proposta economica fatta di privatizzazioni di imprese, scuola, sanità e del superamento della Banca Centrale “dollarizzando” l’economia. Non è entrato neppure nel merito delle sue ricette sociali, come l’opposizione alle recenti conquiste dei movimenti femministi.

Maurizio Macrì è stato certamente parte importante della vittoria di Milei, ora sarà da capire come sarà la “convivenza” tra i due e se ci sarà un accordo politico ampio e continuativo anche in parlamento o se il rapporto si fermerà all’anti-Kirchnerismo. Se la vittoria del turboliberista avrà delle immediate ripercussioni sull’economia del paese invece si vedrà già martedì quando ci sarà una nuova quotazione dello scambio peso-dollaro. La paura ventilata dagli oppositori del presidente eletto è quella di una nuova rapida svalutazione della moneta locale. Sconfitta di portata inaspettata è stata invece per Massa e il peronismo, tanto che Union Por La Patria ed il suo binomio presidenziale “vincono” solo in due province in tutto il paese.

Sergio Massa, attuale ministro dell’economia, ha certo pagato la situazione economia del paese con l’inflazione al 142%, il tasso di povertà che ha superato il 40%, il debito pubblico di 419 miliardi di dollari e gli scellerati accordi con il Fondo Monetario Internazionale ma anche una campagna elettorale giocata all’inseguimento delle destre. Myriam Bregman, candidata alle presidenziali per il Frente de Izquierda, ha commentato su Twitter il risultato ricordando che “usando la demagogia ha vinto il voto popolare, contrapponendosi ad un governo dove i ricchi si sono arricchiti a discapito di lavoratori e lavoratrici” e ha ricordato che Milei si trova a governare “senza governatori locali né maggioranza parlamentare con ampi settori sociali contrari alle sue proposte. Saremo in piazza di fronte ad ogni attacco, perché la ‘libertà’ di cui parla è la libertà di sfruttare senza limiti”. L’azione anti Milei messa in campo da diversi movimenti sociali, soprattutto quello femminista e delle economie popolari non è bastata a convincere milioni di argentini e argentine a rifiutare la proposta de La Libertad Avanza e di fatto non si è creata in tutta la campagna elettorale la sinergia che nel 2019 spinse Alberto Fernandez alla presidenza del paese. Facile pensare ad un periodo di conflitto sociale aperto, al quale Milei ha fatto riferimento nel suo discorso notturno dicendo che non accetterà nulla di ciò che si muove “fuori dalla legge”. Il giorno in cui il 53enne entrerà in carica la democrazia in Argentina compirà 40 anni: le posizioni del nuovo presidente e della sua giovanissima compagine politica di estrema destra, spaventano molte e molti soprattutto per la negazione di quanto fatto dalla dittatura civico militare.

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