Cultura

“Ci vediamo in agosto”, ecco il romanzo postumo di Gabriel García Márquez. Un eterno ritorno del diverso

di Francesca Fulghesu

“Lo zingaro veniva deciso a restare nel villaggio. Era stato nella morte, effettivamente, ma era tornato perché non aveva potuto sopportare la solitudine”. Come Melquíades, lo zingaro alchimista che nella Macondo di Cent’anni di solitudine squarcia il velo che separa il villaggio dal mondo esterno, Gabo è tornato dalla morte. Gabriel García Márquez, Premio Nobel per la Letteratura 1982, torna nelle librerie con un romanzo inedito. E proprio come il personaggio di un romanzo del realismo magico, ritorna nel mondo distorcendo il tempo e mostrandone la ciclicità.

Ogni anno, il 16 agosto, Ana Magdalena Bach raggiunge l’isola dei Caraibi dove è sepolta sua madre. Il traghetto, il taxi, un mazzo di gladioli e l’hotel: un rituale che si ripete – una volta all’anno – sempre identico a sé stesso. E che diventa però l’occasione di trasformarsi – sempre e solo una volta all’anno – in un’altra donna. Un eterno ritorno, ma del diverso. Il tempo ciclico, il tempo del ritorno e del rituale, è del resto il presupposto di tutta l’opera di Márquez: come notato dal critico Cesare Segre: “Abbiamo due tipi di tempo: un tempo mentale, che scavalcando gli anni congiunge momenti di più intensa coscienza, e un tempo-calendario, soggetto a regolari misure. E due tipi di distanza: quella, quasi leggendaria, che divide Macondo dal resto del mondo, e quella molto più modesta che unisce il mondo a Macondo“.

Il tempoche come notava ancora Segre nell’autore colombiano è ‘curvo’ o ciclico – è centrale anche nel libro postumo En agosto nos vemos (Ci vediamo in agosto), che vede la luce a un decennio dalla morte di García Márquez, avvenuta il 17 aprile 2014 all’età di 87 anni. Una prerogativa della sua scrittura che emerge sempre anche dai titoli dei romanzi, sempre declinati intorno ai temi della memoria, della durata o dell’indicazione cronologica: basti pensare a L’amore ai tempi del colera, Cent’anni di solitudine e Memoria delle mie puttane tristi, forse le opere più famose dell’autore.

Alla base del tempo e dello spazio e dei loro contrasti, c’è “una situazione mentale che García Márquez chiama solédad“. Una solitudine che è personale ma anche collettiva, e che però, nei cinque racconti su Ana Magdalena Bach, sembra risolversi, paradossalmente, proprio nel rito solitario del viaggio. “Missione compiuta: – scrive Márquez – aveva ripetuto quel viaggio per ventotto anni consecutivi ogni 16 agosto alla stessa ora, prendendo la stessa stanza d’albergo, lo stesso taxi e tornando dalla stessa fiorista sotto il sole infuocato del cimitero, per mettere un po’ di gladioli freschi sulla tomba di sua madre”. Ma un’avventura amorosa cambia la sua esistenza: da quel momento tornerà sull’isola ogni agosto sperando e temendo di viverne un’altra.

Il volume, infatti, conclude idealmente il ciclo dei romanzi sull’amore iniziato nel 1985 con L’amore al tempo del colera e proseguito nel 1992 con Dell’amore e altri demoni, e uscirà per Penguin Random House nei Paesi di lingua spagnola, per Knopf negli Usa e in Italia per Mondadori, in contemporanea mondiale il 6 marzo, giorno della nascita (6 marzo 1927) di Gabo, come era familiarmente conosciuto lo scrittore.

Gabriel García Márquez, prima di morire, affidò alcune anticipazioni a El Pais e The New Yorker, ma poi negli ultimi giorni della sua vita e con la memoria che si affievoliva, Gabo decise che questa nuova opera non sarebbe stata pubblicata dopo la sua morte, nonostante avesse ricevuto la sua ultima firma. A dieci anni dalla sua scomparsa, i figli di Márquez, Rodrigo e Gonzalo García Barcha, hanno deciso invece di pubblicare il libro, seppur probabilmente incompiuto.

Ci vediamo in agosto forse doveva essere distrutto. Plinio Apuleyo Mendoza, carissimo amico di García Márquez, racconta che con il tempo lo scrittore era “diventato molto autocritico e esigente con sé stesso”. Ciò che è certo, però, è che Gabo non lo distrusse, forse per mancanza di tempo, forse perché in fondo non voleva davvero disfarsene. E il manoscritto è rimasto nel Harry Ransom Center di Austin, in Texas, al sicuro, per tutti questi anni. Sconosciuto e segreto, come le pergamene di Melquìades. Almeno fino ad ora. “Distrutto dal dolore, Aureliano non si accorge che la casa è invasa da un esercito di formiche. Mentre si leva un vento terrificante che spazzerà via Macondo dalla faccia della terra e le termiti portano via il bambino, l’uomo riesce finalmente a decifrare le pergamene codificate dello zingaro Melquíades”.

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