Ogni tanto condivido con quattro amici al bar un buon caffè. Non parliamo solo di nipoti e prostate, ci arrabbiamo perché i trasporti pubblici non funzionano come si vorrebbe, del costo della vita che cresce senza sosta, dell’inquinamento, della pochezza di chi comanda, della fine della città-fabbrica e della giustizia che traballa, dei vecchi che non vogliono togliersi di mezzo e dei giovani che sembrano senza direzione. Veniamo tutti da lunghe e felici carriere, un paio non hanno ancora finito di lavorare. Ne abbiamo viste di tutti i colori, perciò abbiamo imparato ad affrontare i grandi problemi con la pacatezza del distacco generato dall’età e dai disinganni. Se no, si diventa matti.

La settimana scorsa mi sono apparsi un po’ nervosi. Era chiaro che non volevano parlare del solito, aspettavano al varco proprio me, quello più dotato di trascorsi in politica. Saltati quasi del tutto i preliminari e gettato uno sguardo veloce su piazza Vittorio, pronti via: i miei amici volevano sapere da me perché in Piemonte tra M5S e Pd è così difficile trovare un accordo per andare uniti alle regionali prossime.

Il più acceso era Carlo, il qualunquista un po’ destroide, ex-superdirigente della sanità regionale: l’attuale centrodestra, disse, andava fermato con un accordo a tutti i costi. Fino ad ora, continuò, la Giunta Cirio ha coperto il disavanzo della sanità piemontese utilizzando “il tesoretto” che il predecessore Chiamparino aveva dovuto accumulare per rientrare dei debiti del suo predecessore, Cota, quello delle mutande verdi. Adesso quei soldi sono finiti e avanza la prospettiva di un nuovo piano di rientro per la sanità del Piemonte che pagheranno i contribuenti. Perfino lui fa il tifo per un cambio al vertice della regione.

Eusebio, casa a San Donato, quarant’anni trascorsi in posizioni di vertice nella pubblica amministrazione – cuore a sinistra, ma poco tenero coi suoi – straordinariamente è d’accordo con Carlo. Anche lui sostenitore della necessità di un accordo Pd-M5S e frattaglie. Come molte associazioni e tanti torinesi singoli, è arrabbiato col sindaco Pd che ha deciso di edificare il nuovo ospedale Maria Vittoria nel Parco della Pellerina. Eusebio ricorda quando i tecnici dell’Asl Città di Torino avevano proposto di costruirlo nell’ex sede del macello, ora dismesso. Pensa che siano stati indotti “dall’alto” a rivedere i loro pareri perché su quell’area avrebbe messo gli occhi la Juventus per farci un nuovo impianto di calcio femminile. Non è contento neanche del fatto che nessuno parli più della bonifica dell’area della ThyssenKrupp, dove l’ospedale ci starebbe proprio bene.

Antonello, l’unico di fuori provincia, ma con una enciclopedica esperienza di amministratore della sanità piemontese, è un fan del “privato è meglio”. Ci dice che è preoccupato perché il Presidente Cirio e l’Assessore Icardi sembrano prostrati alle volontà di due gruppi imprenditoriali che detterebbero le linee della edilizia ospedaliera in Piemonte, aumentando periodicamente le loro pretese. Anche Antonello, ammiratore di Calenda (!) perora la causa di un accordo tra Pd e 5S per far finire i balletti in corso che durano da quasi cinque anni senza costrutto, con costi che aumentano di mese in mese e senza che nemmeno un mattone sia ancora stato posato.

Chiacchieravamo di tutto questo con la rilassatezza che consente l’età, ma era come se ciascuno di loro si rivolgesse a me, l’esperto. Siccome agli amici non si nega nulla, ho detto la mia: i 5Stelle hanno dissipato il patrimonio di simpatia e di disponibilità alla collaborazione dei tanti che li avevano votati. Per alcuni di loro l’elezione è stata come vincere al Lotto. Forse per il timore che l’apertura all’esterno e il confronto con i simpatizzanti costituisse un pericolo, una insidia alla posizione appena conseguita e alle loro carriere, si sono chiusi a riccio in cerchie sempre più asfittiche, senza neanche le posizioni di potere dei loro possibili alleati piddini. Insomma, irrilevanti.

Il Pd piemontese, invece, continua a comportarsi come un centro di potere, solo che ne ha sempre meno. Al governo della regione c’è il centrodestra, così in molti comuni. A Torino il sindaco Pd asseconda le decisioni della Giunta Cirio, non si sa se per una cultura comune o perché spera in una qualche improbabile ricaduta elettorale. Il Pd tace o minimizza: parlando di sanità, sembra poco interessato alle vicende degli ospedali di Torino Novara e Cuneo, tutti ancora in alto mare, e dei servizi sempre più inaccessibili. Ci vorrebbe una candidatura che imprima una svolta e unisca, invece si affacciano sulla scena personaggi che questo carisma proprio non ce l’hanno.

La Sardegna ci dice che non è tutto perduto. Per invertire la rotta, basterebbe che Pd e 5S dessero prova di avere un progetto realizzabile e personale politico capace di garantirne l’attuazione, oltre le carriere dei loro politici piemontesi. Qualche esempio: realizzare le opere, ospedali in primis, seguendo le procedure di legge e spendendo i soldi disponibili in progetti governati dal pubblico. Costruire modelli di gestione della sanità che penalizzino il lavoro precario restituendo dignità al personale e agli utenti di ospedali e ambulatori. Intervenire con decisione per la riduzione delle liste d’attesa anche attraverso il pieno utilizzo delle attrezzature degli ospedali.

Costruire le nuove opere risanando aree compromesse, senza attendere che sia la Provvidenza ad occuparsi della politica industriale. Rendere più attrattiva la regione facendo funzionare meglio la P.A., stabilendo tempi certi e iter semplificati per l’espletamento delle pratiche e incentivando i giovani laureati a investire la carriera in regione con incentivi e facilitazioni strutturali e infrastrutturali. Semplificare l’esercizio dei diritti acquisiti a sostegno del diritto al lavoro e alla salute, specie femminile, cominciando da una vera politica di asili nido e servizi per l’infanzia adeguati alla domanda.

E così via, nulla che non si sappia già e che non si possa fare. Non è un vasto programma, ma farebbe ripartire una regione il cui Pil continua a calare nell’indifferenza di chi, anche dall’opposizione, dovrebbe lavorare per farlo salire.

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