La mancata realizzazione della Città della Salute di Novara – un paradigma delle vicende che travagliano e immobilizzano la sanità piemontese – non cessa di riservare ogni giorno nuovi colpi di scena. In un post recente avevo provato a “fare i conti” per capire perché un posto letto nella Città della Salute di Novara finisse per costare un terzo di più che a Torino, ben consapevole che in entrambi i casi si trattava di stime relative a opere che non sono ancora mai partite e che forse non partiranno mai. Mi chiedevo come mai l’assessorato regionale alla Sanità non avesse controllato i conti e le previsioni, provando a dettare degli standard a cui i progettisti dei nuovi ospedali avrebbero dovuto attenersi.

La stessa domanda l’ha appena fatta all’assessore Luigi Genesio Icardi il capogruppo del M5S in Consiglio Regionale, Sean Sacco, segnalando anche la forte difformità fra le superfici previste per la didattica universitaria dei due ospedali. Di quel progetto, ormai vecchio, mi sono già occupato per via degli alti costi del PPP-Partenariato Pubblico Privato, scelto per finanziare l’opera quando l’AOU-Azienda Ospedaliera Universitaria di Novara e la Regione Piemonte avrebbero potuto spendere molto meno applicando altre modalità di finanziamento.

Accompagnato dal giubilo di molti che invocavano la necessità dell’ospedale come un dogma – facendo spallucce a tutti gli allarmi che suonavano da tempo – tutto è proseguito fino al momento in cui la Regione ha sbattuto contro il muro della gara andata deserta perché la base d’asta è stata considerata troppo bassa.

Così, Assessore e altre parti in causa si sono sbracciati non già per adeguare il progetto, ma per ottenere più soldi dal ministero della Salute, 80 milioni circa. Il problema del progetto novarese – basta guardare i numeri – è costituito dalle misure extra large degli spazi, a partire dalla superficie di ogni posto letto, ben 176,23 mq/pl (posto letto), contro i 126,92 di Torino, i 142 dell’ospedale del Vco e i 138,25 dell’ospedale di Torino Sud. A Novara ogni pl finisce per richiedere 40,36 mq. In più, così lievitano costi diretti e indiretti. Considerato che il costo di un mq di nuovo ospedale si aggira sui tremila euro, quella di Novara, che potrebbe apparire una piccola eccedenza, vale più di 81 milioni. Si tratta della stessa cifra che la Regione Piemonte sta chiedendo al ministero della Salute, invece di riportare più saggiamente le dimensioni del progetto novarese entro parametri standard accettati da tutti, in Italia e in Europa, Piemonte compreso.

Tornando al risveglio della politica, l’assessore ha risposto all’interrogazione del consigliere Sacco con una supercazzola che Tognazzi se la sognava. Per gli amanti del genere, il link alla seduta del Consiglio regionale del Piemonte del 3 maggio è questo (al min. 4,33 l’interrogazione, al min. 7,14 la risposta dell’assessore). Solo che questo non è un film, è realtà, e l’interprete ogni anno decide come spendere 8 miliardi: tanto vale la sanità in Piemonte. Sembra che ignori eventi e studi recenti che anche lui ha promosso e commissionato, dai quali emergono dati inoppugnabili in ordine agli standard economici per la costruzione di ospedali.

Il 21 gennaio scorso ha partecipato alla presentazione dell’“Analisi della rete erogativa della provincia di Cuneo, definizione delle azioni di riordino e dimensionamento clinico-gestionale dei nuovi ospedali di Cuneo e di Savigliano-Saluzzo”, dove a pag. 61, con riferimento al nuovo Santa Croce, è riportato che il nuovo ospedale avrà una superficie di 112.500 mq per 805 posti letto: ogni posto letto dunque varrà 139,8 mq. Nello stesso documento, a pag. 81, si legge che il nuovo ospedale di Savigliano-Saluzzo avrà una superficie di 56.500 mq per 382 posti letto. Qui ogni posto letto avrà una superficie di 147,9 mq.

Ignora cosa scrive Ires Piemonte, il suo Istituto Regionale di Ricerca Economica e Sociale, nella nota N. 2019/05 – 10 (numeri sui nuovi ospedali del Piemonte): “[…] La superficie teorica per il progetto di un nuovo ospedale è compresa fra 100 e 150 metri quadrati a posto letto (m2/pl). La variazione dipende prevalentemente dalle relazioni fra l’ospedale e le reti sanitarie nella gestione della continuità ospedale-territorio e dell’intensità di cura […]”. Fra l’altro non c’è nulla da inventare: le dimensioni di un ospedale non possono essere definite a piacere, la materia è regolamentata dal dm 2 aprile 2015, n.70 che definisce gli “[…] standard qualitativi, strutturali, tecnologici e qualitativi relativi all’assistenza ospedaliera”.

Meno di un anno fa il ministero della Salute segnalava che il Piemonte (in buona compagnia con altre regioni negligenti) non aveva ancora utilizzato ben 743 milioni di euro già stanziati per edilizia ospedaliera, avendo impegnato solamente il 54% dei fondi assegnati dal Governo per questo scopo. La legge di Bilancio 2022 ha poi assegnato al Piemonte altri 350 milioni di euro, così che il totale disponibile supera il miliardo. Non risulta che nel frattempo la situazione sia cambiata, ma la Finanziaria 2022, al comma 263, così recita: “L’accesso alle risorse di cui al presente comma è destinato prioritariamente alle regioni che abbiano esaurito, con la sottoscrizione di accordi, la propria disponibilità a valere sui citati 32 miliardi di euro”. Il Piemonte sarebbe già fuori dalle regioni finanziate.

Sulla base delle risorse finanziarie disponibili, il Piemonte da tempo avrebbe potuto realizzare quasi tutti i nuovi ospedali attesi da decenni. Dunque i mezzi economici ci sarebbero, ma, in balìa degli interessi particolari dei medici e degli amministratori locali, il presidente Cirio e la sua Giunta regionale si limitano a osservare la paralisi, scegliendo di volta in volta a chi dare la colpa di una drammatica situazione di stallo che i piemontesi già pagano a caro prezzo e che nei prossimi anni pagheranno ancora di più.

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