Lo scorso 23 gennaio, la Corte d’Appello Vaticana, con una sentenza di portata epocale, ha emesso la prima condanna per “corruzione di minore” tra le mura pontificie. Come si è arriavti a questo? La storia vera dei “chierichetti del Papa” è iniziata con i rapporti sessuali tra due giovanissimi allievi del Preseminario San Pio X. Mentre Francesco lanciava anatemi contro la pedofilia, si è consumata una vicenda di sopraffazione fisica e spirituale, denunce inascoltate e processi tardivi. È durata oltre quindici anni, ha coinvolto sacerdoti, vescovi e cardinali, arrivando ai vertici della Segreteria di Stato. Per anni, un compagno più grande, pupillo del rettore, si è infilato di notte nel letto di un dodicenne che serviva la messa a San Pietro. Il ragazzino ha chiesto aiuto ed è stato minacciato di espulsione. Ha trovato il coraggio di parlare al vescovo di Como, ma l’indagine canonica è stata insabbiata. Un chierichetto polacco, testimone oculare, è stato cacciato. Nonostante le denunce alla gerarchia della Curia romana, la vicenda è rimasta sepolta per un decennio. Quando una trasmissione televisiva ha aperto uno spiraglio, il Vaticano si è svegliato, il Promotore di giustizia ha descritto un “clima malsano”, ma il primo grado del processo a carico di un sacerdote e del rettore si è concluso senza condanne. Poi, lo scorso 23 gennaio, la Corte d’Appello Vaticana sentenzia il reato di “corruzione di minore”. Il giornalista Giuseppe Pietrobelli, nel suo ultimo libro “Vizio capitale”, in libreria per Paper First, ricostruisce il caso, con documenti, testimonianze e intercettazioni inedite: uno scandalo che non riguarda solo i chierichetti del Papa, ma le gerarchie che hanno nascosto la verità. Segui il dibattito con l’autore e Peter Gomez sul nostro sito e sui canali social del Fatto Quotidiano e di Paper First.

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