Secondo un vecchio detto, “guai a parlar di corda in casa dell’impiccato”, ma il surreale e disgustoso “dibattito” avviato dal sacrosanto urlo di dolore del cantante Ghali al Festival di Sanremo (“stop al genocidio”) dimostra come sia altrettanto imbarazzante parlarne a casa del boia. Ritengo infatti che non ci siano dubbi che in Palestina sia in corso un genocidio, che di tale genocidio sia responsabile il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, e che vari governi occidentali, tra i quali il nostro, siano direttamente complici di tale genocidio.

Benjamin Netanyahu sta scatenando proprio in queste ore quello che sostiene sarà l’attacco finale volto a liquidare definitivamente Hamas, cancellandone la residua presenza a Rafah, estrema propaggine di Gaza, dove sono concentrati, in condizioni disumane per l’affollamento e la privazione di ogni bene essenziale, circa un milione e mezzo di palestinesi in fuga disperata dai loro spietati assassini. Ma l’obiettivo di Israele – io credo – non è tanto quello di eliminare Hamas e le altre organizzazioni armate palestinesi, quanto quello di procedere al controllo totale di Gaza e della Cisgiordania, massacrando parte del popolazione per costringere il resto a un esodo impossibile verso l’Egitto e verso la Giordania. L’espansionismo colonialista è stato infatti una caratteristica dello Stato di Israele fin dal suo sorgere: in tempi normali, esso si esplica coll’oppressione sistematica dei palestinesi, costretti a vivere sotto un regime di apartheid che nega loro ogni diritto, compreso quello alla vita, come dimostrato dallo stillicidio di uccisioni impunite che si è registrato nel corso degli ultimi anni. Un rivolo di sangue che è diventato un fiume in piena a seguito degli eventi del 7 ottobre, con circa 30mila vittime accertate ad oggi.

Innumerevoli episodi, tra i quali particolarmente straziante quello della piccola Hind, di soli sei anni di età, uccisa a sangue freddo coi suoi soccorritori dai militari israeliani dopo che la sua intera famiglia era stata sterminata e aveva chiesto aiuto disperata, dimostrano come intento di Israele sia quello di distruggere i palestinesi in quanto popolo. Si tratta del resto di un intento chiaramente espresso dalle dichiarazioni di molti rappresentanti delle istituzioni, dell’esercito e della politica israeliana, secondo i quali i palestinesi non sono esseri umani, ma animali che si possono uccidere e torturare impunemente.

Il massimo organo giurisdizionale mondiale, la Corte internazionale di giustizia, ha ravvisato la sussistenza di un intento genocida nel comportamento dello Stato di Israele, invitandolo, colla sua ordinanza del 26 gennaio scorso, a desistere da ogni comportamento che concretizzi tale intento, mediante le uccisioni, l’inflizione di condizioni di esistenza disumane o in altro modo. La ministra degli Esteri del Sudafrica ha riferito di essere stata minacciata con messaggi dall’intelligence israeliana dopo la causa intentata all’Aja. Ma tale comportamento – ritengo – non sortirà alcun effetto, esprimendo solo la rabbia di uno Stato canaglia ormai totalmente isolato a livello internazionale.

Molti Stati del Medio Oriente, asiatici, africani, americani e anche europei si sono infatti schierati col Sudafrica, chiedendo alla Corte internazionale di giustizia di andare fino in fondo. Identica richiesta viene rivolta alla Corte penale internazionale, chiamata ad accertare e punire i crimini israeliani, come pure quelli commessi da forze palestinesi il 7 ottobre, sui quali ritengo necessaria un’inchiesta internazionale approfondita e imparziale. In trincea coll’assassino, che è perfettamente consapevole del fatto che finita questa guerra infame dovrà traslocare in esilio o in qualche galera, restano davvero in pochi. Tra di essi il tremolante Biden, che continua pateticamente a implorare Netanyahu di risparmiare i civili, ottenendo in cambio sonore pernacchie, e il governo Meloni.

Le disgustose prese di posizione che hanno attaccato il cantante Ghali per aver chiesto la fine del genocidio dimostrano che, oltre all’ambasciatore, anche la parte peggiore della società italiana sta dalla parte israeliana. Ma si trattar di un’infima minoranza composta più che altro da politicanti bolliti e funzionari servili, oltre che da una comunità ebraica che solo in parte ha avuto il coraggio e la dignità di dissociarsi dai crimini. Ma questa infima minoranza non si limita ad incoraggiare il genocidio colle censure e colle parole, oltre che con i voti alle Nazioni Unite. Essa invia armamenti ad Israele, come i cannoni Otomelara montati sulle corvette che stanno ora bombardando Rafah, e si prepara sciacallescamente a sfruttare le risorse petrolifere o di altro genere che il genocidio intende “liberare”. Per questi motivi anche il governo italiano è complice del crimine e come – a mio avviso – tale deve essere giudicato dai tribunali nazionali e internazionali.

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