Cultura

L’incredibile caso del capolavoro di Jacopo Bassano: così l’Italia si è “persa” una tela del ‘500. In tribunale vince il Getty Museum di Los Angeles

di Marco Ferri

Una storia italiana. Purtroppo. Una storia che vede protagonista una tela cinquecentesca di Jacopo Bassano, prima legalmente venduta all’estero, acquistata dal Getty Museum di Los Angeles e poi inutilmente richiesta indietro dal ministero dei Beni e attività culturali (allora si chiamava così ed era retto da Dario Franceschini). Perché il Consiglio di Stato appena qualche giorno fa ha dato ragione al museo californiano, facendo fare una pessima figura ai vertici della cultura italiana che troppo tardi si sono accorti di aver contribuito alla dispersione dell’italico patrimonio culturale.

Correva l’anno 2017 quando un mercante d’arte presentò all’Ufficio Esportazione del ministero per i Beni culturali di Pisa la richiesta per poter vendere all’estero una grande dipinto su tela (150 centimetri d’altezza per 235 d’altezza), realizzato nel 1554 da Jacopo Da Ponte, meglio noto come Jacopo Bassano, vissuto tra il 1510 e il 1592 ed esponente di spicco della cosiddetta “Scuola veneta”. L’opera raffigura un episodio della Bibbia e nei secoli ha cambiato più volte titolo – Il miracolo dei pani e dei pesci, Il miracolo delle pernici e della manna, Il miracolo delle pernici, Il miracolo delle quaglie e della manna, Raccolta delle pernici – fino all’attuale Il miracolo delle quaglie.

Fatte le dovute verifiche, l’Ufficio Esportazione pisano diede il nulla osta per la libera circolazione dell’opera, riducendo anche il valore dichiarato dall’esportatore da 120mila a 70mila euro. Nel 2021 l’opera fu acquistata dal Getty Museum di Los Angeles. La notizia fu sbandierata ai quattro venti: “Una delle opere più grandi e ambiziose dell’artista” disse il direttore del museo losangelino Timothy Potts, “un esempio eccezionale dello stile artistico distintivo di Bassano e della sua giustapposizione di soggetti storici con persone comuni in stato di povertà”. Sui social network si scatenò un putiferio di critiche al ministero italiano che aveva lasciato uscire dall’Italia un dipinto ritenuto molto importante, anche se numerose opere del prolifico artista veneto sono presenti nei musei della sua città natale (Bassano del Grappa), di Milano, di Torino, di Modena, di Firenze, di Roma e di Napoli.

A quel punto il Mibac tentò di fare marcia indietro spedendo al museo di Los Angeles e al vecchio proprietario dell’opera che ne aveva richiesto il via libera per l’esportazione, un provvedimento di annullamento della libera circolazione dell’opera. Secondo l’ufficio legale del ministero, infatti, al momento della richiesta del permesso di vendita all’estero l’esportatore non aveva fornito informazioni, o comunque aveva prodotto informazioni erronee, se non false addirittura, che avevano spinto l’Ufficio Esportazione a fornire erroneamente l’attestato.

A quel punto ebbe inizio una prima fase del contenzioso (che si è appena concluso) in cui al ministero fu data ragione, seguita in un secondo momento, dopo che il museo americano era ricorso in appello, dal parere del Consiglio di Stato che, non solo ha ribaltato la sentenza di primo grado, ma ha confermato che il permesso di esportazione del dipinto era valido e che venditore e Getty Museum si erano comportati correttamente.

A questo punto la vicenda è conclusa, Il miracolo delle quaglie rimarrà nel ben museo in riva all’Oceano Pacifico, mentre al Collegio Romano, sede del ministero (dove nel frattempo i vertici politici sono cambiati) si avrà tempo di riflettere su questa storia che, oltre a far fare una pessima figura alla cultura italiana, induce a un amaro sorriso.

Per far buon viso a cattivo gioco, per esempio ci si potrebbe interrogare se le varie ispezioni sul dipinto hanno permesso davvero di stabilire se fosse esportabile o se invece si trattava di un’opera capitale di un artista di notevole importanza. E ancora, se i sistemi di valutazione della possibilità di libera circolazione delle opere sono adeguati o esistono tecniche e metodologie più all’avanguardia per giungere a una più corretta perizia.

E infine, siamo sicuri che, nel nome della più ampia diffusione dell’arte, il dipinto di Bassano non stia meglio in un grande museo internazionale frequentato ogni anno da milioni di visitatori, piuttosto che nell’atelier di un antiquario, nella sala di un museo italiano pieno zeppo di capolavori o, peggio, nel deposito di questo, perché Jacopo Bassano è sì un esponente della Scuola Veneta del Cinquecento, ma per il momento gode di minori attenzioni rispetto ai vari Tiziano, Tintoretto, Veronese?

E comunque, provando a sciogliere l’imbarazzo nell’ironia si può ribadire che i “per i bischeri non c’è Paradiso”: figuriamoci se ci sono i miracoli (soprattutto quelli dipinti).

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