“Procediamo a passi da gigante verso l’Italia del malaffare”. Così il senatore M5s Roberto Scarpinato, ex magistrato antimafia, commenta l’esame del ddl Nordio in corso in Commissione Giustizia a palazzo Madama. Dopo l’ok all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio e alla rimodulazione (in senso restrittivo) di quello di traffico di influenze, previste dall’articolo 1 del testo (“Modifiche al codice penale”), mercoledì è in programma il voto sull’articolo 2 (“Modifiche al codice di procedura penale”). E dal testo emergono, come previsto, modifiche a vari strumenti in mano alla magistratura, a partire dalle misure cautelari e dalle intercettazioni.

Il contenuto più importante è l’introduzione di un obbligo di “interrogatorio preventivo” prima di emettere emissione di qualsiasi misura cautelare: all’indagato andrà notificato l’invito a essere sentito “almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni d’urgenza, il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire”. La previsione non vale se sussistono le esigenze cautelari del pericolo di fuga o di inquinamento delle prove, o anche quella di reiterazione dei reati più gravi o “commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”. In sostanza, quindi, la nuova garanzia vale quasi solo per i reati dei colletti bianchi: per arrestare un presunto corrotto o tangentista bisognerà “avvertirlo” con un anticipo di almeno cinque giorni.

C’è poi una stretta sulle intercettazioni che riguardano terzi: non potranno essere acquisite al procedimento e nemmeno trascritte, “salvo che non ne sia dimostrata la rilevanza”. Anche nelle richieste del pm non potranno più essere citati “i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione”. I giornalisti, invece, non potranno più riportare tra virgolette qualsiasi dialogo che non sia stato “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”: quindi nemmeno le conversazioni citate nelle richieste di misure cautelari del pubblico ministero. Un “semi-bavaglio” che potrebbe presto essere superato da quello previsto dall’emendamento Costa, inserito nella legge di delegazione europea approvata alla Camera: la norma, infatti, delega il governo a prevedere il divieto di pubblicare letteralmente anche l’ordinanza con cui il gip applica le misure cautelari. L’articolo 2, inoltre, vieta al pm di appellare le sentenze di proscioglimento per i reati per cui è prevista la citazione diretta a giudizio: tutte le fattispecie punite con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, ma non solo. Nell’elenco sono comprese ad esempio anche la falsa testimonianza, la violenza o minaccia a pubblico ufficiale, la ricettazione o la truffa, che nelle ipotesi aggravate prevedono pene più alte.

Intanto Italia viva, che ieri ha votato insieme alla maggioranza per abolire l’abuso d’ufficio, annuncia di volersi ripetere sulle altre previsioni: “Continueremo a votare a favore di questo ddl Nordio perché noi siamo garantisti sempre“, assicura all’Ansa il senatore Ivan Scalfarotto, membro della Commissione Giustizia. “Noi siamo contrari a che si massacrino le persone sui giornali”, dice spiegando il voto a favore alla norma sulle intercettazioni. “Questa posizione di Italia viva purtroppo non è nuova. Fanno solo da stampella al governo ma su un terreno a mio modo di vedere pericoloso”, attacca il dem Walter Verini, secondo cui invece la previsione “va nella direzione di limitare la conoscenza dei cittadini dei processi e dei fatti”. Scarpinato invece torna sull’abuso d’ufficio: “Il problema in questo Paese non è, come ci dice l’Ue, la corruzione o il malaffare, ma la magistratura che ha condannato, dal 1996 (in via definitiva, ndr) ben 3.600 persone che avevano truccato gli appalti, i concorsi pubblici, manomesso le gare, concesso licenze edilizie che non si dovevano concedere, insomma, un vero museo degli orrori ai quali gli italiani dovranno chiedere scusa, perchè, tutte queste persone che sono state condannate oggi sappiamo che non dovevano essere neanche processate”.

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