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Bavaglio ai cronisti, mobilitazione della Fnsi: “Mattarella non firmi”. Cancellata la riforma del 2017: cosa prevede l’emendamento Costa

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La Federazione nazionale della stampa, il sindacato unitario dei giornalisti, convocherà giovedì 21 dicembre “una giunta straordinaria per organizzare la mobilitazione della categoria, assieme alla società civile, contro il nuovo bavaglio al diritto di cronaca rappresentato dal divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare”. Lo annuncia la segretaria Alessandra Costante, chiedendo “fin d’ora al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di non firmare una legge che potrebbe essere fonte di immani distorsioni dei diritti”. Il riferimento è all’emendamento alla legge di delegazione europea proposto dal deputato di Azione Enrico Costa, approvato martedì alla Camera – con i voti di tutta la maggioranza più l’ex Terzo polo – dopo una riformulazione chiesta dal governo: la norma impegna l’esecutivo a “modificare l’articolo 114 del codice di procedura penale prevedendo (…) il divieto di pubblicazione integrale o per estratto dell’ordinanza di custodia cautelare finchè non siano concluse le indagini preliminari” (oppure, dove è prevista, fino al termine dell’udienza preliminare).

Si tratta di una retromarcia rispetto alla riforma Orlando del 2017, che aveva escluso da ogni divieto di pubblicazione le ordinanze di applicazione delle misure cautelari. In quei provvedimenti il gip, motivando sui gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati, spesso riporta stralci di intercettazioni raccolte dall’accusa. Per evitare il fastidio di vederli finire sui giornali, la maggioranza e gli alleati centristi hanno quindi deciso di far rientrare le ordinanze nella disciplina tra gli atti “non più coperti dal segreto” (perché comunicati agli indagati e ai loro difensori) di cui però “è vietata la pubblicazione, anche parziale, fino a che non siano concluse le indagini preliminari” (articolo 114 comma 2). Dovrebbe rimanere consentito, invece, pubblicare il “contenuto” delle carte, la cui diffusione è vietata solo per gli atti coperti da segreto (comma 1).

Come sarà interpretata la distinzione tra la pubblicazione del “contenuto” dell’atto e quella dell’atto in sè? Prima della riforma del 2017 si considerava sempre lecita la citazione di virgolettati delle ordinanze. Nel frattempo però il clima è cambiato: negli ultimi anni i governi Draghi e Meloni hanno portato avanti un’opera di silenziamento della stampa inaugurata con il decreto “sulla presunzione d’innocenza” fatto approvare dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, che ha imposto pesantissime restrizioni alla comunicazione delle autorità giudiziarie, impedendo di fornire informazioni ai giornalisti al di fuori di cornici formali, con la previsione (successiva) anche di sanzioni disciplinari per chi non si adegua. Una legge che ha già complicato – fino a renderlo in alcuni casi impossibile – il lavoro dei cronisti giudiziari di tutta Italia (qui l’approfondimento del fattoquotidiano.it). Che ora non potranno più nemmeno appellarsi alla pubblicabilità dell’ordinanza di custodia.

“Un provvedimento liberticida non solo nei confronti dell’articolo 21 della Costituzione, ma anche nei confronti delle libertà individuali”, sottolinea la segretaria della Fnsi Costante. “E non è pericoloso solo per la libertà di stampa, è pericoloso anche per lo stesso destinatario del provvedimento di custodia cautelare in carcere”, su cui potranno essere diffuse informazioni approssimative e non verificate. “Il ricordo delle dittature, dei desaparecidos, delle persone che alle porte dell’Europa vengono fatte sparire senza che nessuno ne sappia nulla, penso ad esempio ad Alexei Navalny, deve far crescere la nostra attenzione, ma anche quella dei direttori dei giornali, che devono essere al fianco dei colleghi in questa lotta, e delle istituzioni”, incalza Costante. Le Associazioni regionali di stampa di Lazio, Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Calabria e Molise hanno già chiesto alla giunta di proclamare lo sciopero: “Una legge bavaglio indegna di una democrazia“, scrivono.

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