Una delle caratteristiche di questo primo anno delle destre al governo è il fatto di creare nuove diseguaglianze e ampliare quelle esistenti. È una destra che, usando un neologismo ampiamente usato ormai, è divisiva su molti piani. La nuova frattura che il governo sta portando avanti riguarda la scuola. Una frattura che vede da una parte Confindustria che plaude in maniera entusiastica alla riforma degli istituti tecnici e professionali del ministro Valditara, e dall’altra la bocciatura da parte della scuola. La riforma infatti è stata stroncata senza appello in due paginette dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.

Nonostante sia stata giudicata dal parlamentino della scuola irrealizzabile e carente sotto tutti gli aspetti, il ministro ha tirato dritto e addirittura ne ha anticipato i contenuti con un decreto ministeriale prima dell’approvazione da parte del Parlamento. Oramai siamo in una fase molto preoccupante di governissimo. Non solo il Parlamento conta poco, ma i ministri agiscono come se non esistesse.

Questa riforma Valditara è stata giudicata da tutto il mondo della scuola un autentico disastro. Da destra si dirà che la scuola è ancora una roccaforte conservatrice (!), incapace di capire il nuovo e di adeguarsi alle trasformazioni del presente. Invece la critica va in una direzione ben diversa e guarda alla sostanza. Il ministro ha confezionato un prodotto fumoso, ingestibile e totalmente irrealizzabile. Insomma, sotto il vestito niente ma solo tanta confusione. Questo sul versante scolastico.

L’entusiasmo di Confindustria invece deriva dal fatto che le scuole potranno prevedere l’intervento in classe di formatori e responsabili d’impresa che finalmente potranno portare la vera cultura, che naturalmente non è quella dei libri ma quella della loro matura esperienza. Dopo gli ITS Academy, che è sempre utile ricordare riguardano appena 20.000 studenti in tutta Italia e costano 1,5 miliardi di euro in tre anni via Pnrr, ora Confindustria vuole intrufolarsi in maniera organica anche nella formazione tecnica e professionale per portare le sue competenze manageriali. Le scuole poi, non saranno più istituti tecnici, commerciali, agrari ma prenderanno il nome di filiere, come a dire che la scuola non serve a formare persone ma lavoratori ad uso e consumo di Confindustria e company.

Ma non è questo il punto, cioè la contrapposizione eterna e mai risolvibile tra preparazione tecnica e quella generale di stampo umanistico. Il problema del ministro Valditara è che la sua controriforma conservatrice fa acqua da tutte le parti; è proprio fatta male e dannosa per la scuola e anche, in definitiva, per le stesse imprese.

Una prima criticità è che il percorso di studi è ridotto da cinque a quattro anni. Le ragioni non sono chiare. Anzi, lo sono. Il governo vuole scippare un anno ai percorsi odierni per poi agganciare il biennio degli ITS Academy. Il risultato finale è che il percorso tecnico e professionale invece di essere di cinque anni sarà di sei. Quindi un passo indietro, come i gamberi. Poi questi due anni finali spesso sono anche a pagamento e prevedono abbondanti tirocini presso le imprese che naturalmente ne beneficeranno gratis o con poca spesa. Ovviamente non è per nulla chiarito come cambieranno i programmi e se, per esempio, il geometra quadriennale avrà le stesse competenze di quello che ha fatto anche il biennio degli ITS. Sembra di capire che il modello siano i Tecnichal Colleges americani, una università professionalizzante. Ma allora non c’era bisogno di passare a quattro anni.

In secondo luogo, la collaborazione con le imprese è citata a ogni piè sospinto ed è un condimento retorico quasi insopportabile. In che cosa consista questo contributo della saggezza imprenditoriale il decreto ministeriale non lo dice ma tutto sarà lasciato all’autonomia delle scuole che naturalmente, secondo spie ministeriali ben collocate, sono ansiose di accogliere i manager strapagati che vengono a fare le passerelle negli istituti superiori. Ma non c’è da preoccuparsi su questo punto organizzativo perché il ministro ha stanziato 15 milioni per fare i campus.

In terzo luogo anche la bussola didattica è impazzita. Da un lato si auspica il potenziamento della cultura di base, e quindi c’è da pensare a materie come matematica, italiano ed altre che danno una solida cultura generale. Ma d’altra parte già al secondo anno lo studente e la studentessa potranno essere coinvolti in progetti di alternanza scuola lavoro. Quindi anche la pratica viene esaltata. Poi, siccome non può mancare nulla, allora è ovvio che lo studente quadriennale debba avere anche una buona conoscenza delle lingue straniere attraverso una certificazione internazionale.

Insomma, un guazzabuglio di idee, sane e malsane, che solo chi non ha mai messo piede in una scuola superiore può pensare di potere realizzare. Ha fatto bene il Consiglio Superiore a bocciare senza se e senza ma una riforma sbagliata, intanto nei principi ispiratori, ma soprattutto nelle modalità della sua pratica attuazione.

Il ministro si presenta poi come un sovranista pavido e codardo. Se fosse realmente convinto delle sue idee farebbe partire la sua controriforma obbligatoriamente per legge. Invece una riforma ritenuta così importante per l’economia nazionale è lasciata alla buona volontà delle singole scuole, cioè deve essere decisa dai collegi dei docenti. Ora, vorrei capire quale istituto deciderà di tagliare il 20% dei suoi docenti riducendosi una annualità scolastica. Anche perché, la riforma deve essere a costo zero. Quindi le scuole senza incentivi economici e anzi subendo autentici danni dovrebbero ascoltare i desiderata del ministro! Difficile crederlo.

C’è da sperare, ma è quasi certo, che le scuole rimandino al mittente questa proposta indecente e dannosa. Una scuola conservatrice, dunque? Forse sì, ma sicuramente migliore di un ministro nostalgico e sfascista che dovrebbe concentrarsi sui reali problemi del mondo scolastico e non seguire le sirene molto interessate di Confindustria che vede nella scuola solamente un nuovo e fertile campo di business.

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