Il food editor del Times, Tony Turnbull, si è scagliato in un crudele articolo contro il panettone, facendo intendere di non apprezzarlo per niente. Eppure, il celebre dolce natalizio che riempie da sempre le tavole imbandite del nostro Paese durante le festività è molto amato anche all’estero. Alcuni giorni fa, infatti, la catena di supermercati Waitrose ha annunciato che le vendite del prodotto italiano nel Regno Unito sono aumentate del 24%, una tendenza confermata anche dalla catena di grandi magazzini Selfridges: pare che, da un po’ di anni, gli inglesi lo preferiscano al loro tradizionale Christmas pudding.
I risultati dell’indagine non sono stati ben digeriti dal critico del grande quotidiano con sede a Londra, che non ha esitato dire la sua: “Basta con il panettone – ha sentenziato –. Ho il sospetto (e spero) che i dati di vendita non raccontino l’intera storia. Tanto per cominciare, molte persone preparano ancora il Christmas pudding, mentre nessuno prepara il proprio panettone a casa; quindi, gli amanti del pudding vecchio stile non sono calcolati. Inoltre, sappiamo tutti che il fascino del panettone, con le sue belle confezioni, non sta nel mangiarlo ma nel regalarlo”. Non ancora soddisfatto, Turnbull ha continuato la sua arringa: “Aperitivo assieme? Prendi un panettone. Regalo per un collega? Prendi un panettone. Un ringraziamento alla dog-sitter? Prendi un panettone. È come una grande partita di “pass-the-parcel” (“patata bollente” in Italia, ndr) in cui l’obiettivo è quello di non rimanere con il pacco in mano alla vigilia di Natale”.
Nel suo sfogo, il giornalista ha anche voluto evidenziare i difetti del prodotto italiano che, per lui, “è troppo dolce, molto spesso pesante ed eccessivamente cotto”. Non solo. Ha poi concluso che “è buono solo quando, in prossimità della data di scadenza ad aprile, ci si fa un gigantesco pudding aggiungendoci il burro”. La lunga conservazione però, è tipica di un panettone industriale. E la (legittima) predica di Turnbull non ha tenuto probabilmente conto delle differenze tra un dolce artigianale e uno prodotto in serie. Tra i due, il divario c’è eccome.