di Stefano Briganti

Due anni, due nuove guerre e una impostata ma, al momento, rimandata. Le aree sulle quali i conflitti stanno avendo e continueranno ad avere ripercussioni sono enormi. Il continente europeo con la Russia e tutti i Paesi Ue e Uk alle prese con il conflitto russo-ucraino. La gran parte del Medioriente coinvolta nella guerra israelo-palestinese. In Siria la guerra dura da 11 anni mentre la Turchia guerreggia in Kurdistan.

Gli Stati Uniti, presenti direttamente o indirettamente in questi scenari bellici, non possono permettersi di alimentare le condizioni affinché si origini adesso la guerra sino-indo pacifico. In questa ottica vanno, a mio avviso, inquadrati i tentativi di Washington di “scongelare” i rapporti con Pechino, sforzi culminati con l’incontro a San Francisco tra Joe Biden a Xi Jinping.

Come è sempre accaduto per tutte le guerre, anche queste due finiranno. Quando questo avverrà non ci sarà una pace. Ci sarà una tregua con le armi che cesseranno di sparare e le persone non moriranno più sotto le bombe, ma una vera pace non ci sarà.
Per chiudere la guerra russo-ucraina l’occidente (per ora) appoggia la formula di pace di Zelensky che verosimilmente Kiev porterà al tavolo delle trattative con Mosca. I dieci punti sono stati concepiti su uno scenario in cui l’Ucraina si sarebbe seduta al tavolo negoziale con una posizione di forza rispetto alla Russia, mentre oggi è altamente probabile che, nella migliore delle ipotesi, le due parti saranno su un pari rapporto di forza.

Il punto più critico riguarda il Donbass dove “tutto è cominciato” e per il quale Kiev e i suoi alleati non hanno definito nulla per ciò che sarà nel dopoguerra se non il fatto, rilevante, che si debbano mantenere i confini di sovranità ucraina del 1991. La “questione Donbass” inizia almeno dieci anni fa ed è sempre stata gestita con la forza e mai con la vera diplomazia. Basti ricordare la frase di Poroshenko nel 2014 sui bambini ucraini del Donbass.

Qualunque sia il futuro di questa regione, la lunga gestione esclusivamente muscolare della guerra russo-ucraina lascerà un’Ucraina iper armata e divisa in due. Una parte filo-occidentale e una filo-russa (Donbass e Crimea) esacerbate da anni di feroce conflitto e in perenne contrasto tra loro. Inoltre non ci sono indicazioni se e come terminerà la guerra economica occidentale contro la Russia. Guerra che non ha raggiunto gli obiettivi dichiarati ma ha spezzato irrimediabilmente i rapporti diplomatici, economici e sociali dei paesi europei con Mosca. Avremo così una seconda Guerra Fredda molto più “fredda” e molto più europea della prima.

Per il conflitto israelo-palestinese lo scenario è anche peggiore. E’ ormai chiaro l’obiettivo di Israele: eliminare dalla Palestina i palestinesi sostituendoli con gli ebrei. Una sostituzione etnica direi. Questa sostituzione è iniziata con una violenza terribile e inammissibile per un paese che si dice essere rispettoso delle leggi internazionali e assolutamente sproporzionata (Onu dixit) in risposta all’azione feroce fatta da Hamas il 7 ottobre.

L’occidente sembra che stia lasciando che lo scenario dei due Stati sovrani muoia per sempre. Infatti alla fine della guerra, raggiunti gli obiettivi che Netanyahu persegue, non esisterà più un territorio palestinese da definire come Stato sovrano. Alla fine del conflitto ci saranno un paio di milioni di persone costrette a vivere in luoghi di fortuna, mandate via dalle loro case e dai loro campi, che odieranno ancor di più gli ebrei, Israele e l’occidente che non ha fatto abbastanza per evitare la nuova Nakba.

Hamas sarà probabilmente cancellato ma da questo odio profondo nascerà un nuovo Hamas, magari ancor più terrorista. L’azione orribile di Hamas del 7 ottobre certifica, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che la teoria della “deterrenza dei cannoni” non funziona contro un odio implacato. Non potrà esserci pace perché le armi non solo non hanno risolto le motivazioni e le radici dei conflitti, ma le hanno alimentate.

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