Nella guerra russo-ucraina le uniche operazioni di attacco su vasta scala delle forze aerospaziali russe con velivoli cosiddetti ad ala fissa sono avvenute esclusivamente nei primi giorni dell’invasione, con l’obiettivo, che allora sembrava alla portata, di annientare le capacità di difesa aerea a terra ucraine. Risalgono a quei giorni i tentativi dei caccia ucraini di infliggere perdite agli omologhi russi, sia pure provvisti di una evidente superiorità tecnologica e numerica. Ciò che è presto risultato evidente, però, è che così nessuna delle due parti riusciva a infliggere danni decisivi all’avversario. Ed è così che a ritagliarsi un ruolo fondamentale nel conflitto sono arrivati velivoli più piccoli e in grado di penetrare le difese altrui: i droni.

Il flop della forza aerea di Putin – È stato brevissimo il periodo di efficacia degli aerei da guerra di Mosca, perché già all’inizio del marzo 2022 la flotta dell’aria russa ha perso la capacità di operare nello spazio aereo controllato dall’Ucraina – tranne ovviamente che a quote molto basse – a causa della sua incapacità di sopprimere o distruggere in modo affidabile i sistemi missilistici terra-aria di Kiev. L’azione di numerosi e agilissimi sistemi di difesa antiaerea mobili, trasportabili a spalla dai soldati ucraini, e successivamente l’ingresso in campo di squadre mobili di difesa aerea hanno fatto sì che le sortite russe con mezzi aerei ad ala fissa e rotante (aeroplani da guerra ed elicotteri) oltre le linee del fronte si rivelassero proibitivamente costose già nel mese di marzo e cessassero nell’aprile 2022. È proprio in quel momento che l’invasione russa si è arrestata, limitandosi a pochi obiettivi di significato simbolico e di scarso valore tattico o strategico: Severodonetsk, Lysichansk, Bakhmut, Vuhledar, Kupiansk, Avdiivka e poco altro. Tra l’altro, obiettivi anche mancati spesse volte.

L’arma aerea spuntata per entrambi – D’altronde, senza l’uso esteso dell’arma aerea Ucraina e Russia – anche se a quest’ultima e ai suoi sostenitori costa moltissimo ammetterlo – si sono trovate a combattere una guerra di posizione e, ovviamente, di logoramento, indietro di un secolo sull’orologio della Storia. E i missili russi lanciati dagli aerei? Durante la guerra, la maggior parte degli attacchi aerei russi sono stati diretti contro obiettivi – spesso civili – prestabiliti con bombe e razzi non guidati, come Kh-29, Kh-59, Kh-31P e Kh-58. La caccia ai sistemi di difesa antiaerea meno agili – ma anche più potenti – si è spesso rivelata infruttuosa, lasciando la forza area in un buco nero.

La guerra dei droni: una scelta obbligata – Entrambe le parti, in attesa (gli ucraini) di ricevere velivoli da combattimento performanti o di riuscire (i russi) a sopprimere le difese aeree più efficaci come i sistemi Patriot, si sono concentrate su velivoli senza pilota, quelli che sono comunemente chiamati droni. Nati per condurre missioni 3D, dull, dirty, and dangerous (noiose, sporche e pericolose), sono diventati nel corso di questa guerra dei moltiplicatori della forza militare. Tre di loro in particolare meritano attenzione.

La lancetta che batte l’ora della morte – Il drone suicida Lancet, prodotto da una controllata dell’azienda che fa i famosi Kalashnikov, è un tubo grigio con due serie di quattro ali. Rappresenta una minaccia crescente in prima linea in Ucraina negli ultimi mesi, in particolare contro i carri armati di produzione europea e le artiglierie donate dall’occidente. Il ministero della Difesa russo ha incoraggiato un aumento della produzione del Lancet come un modo economico (costano circa 35mila dollari l’uno) per colpire equipaggiamenti costosi e difficili da rimpiazzare. I Lancet trasportano per una distanza massima di 50 chilometri un carico esplosivo relativamente piccolo, compreso tra 1,5 e 5 kg, molto meno potente di un proiettile di artiglieria o della maggior parte dei razzi. Tuttavia, sembrano in grado di infliggere danni significativi perché non sono pre-programmati come i droni Shahid di fabbricazione iraniana, ma vengono pilotati in tempo reale da un operatore. Insomma, riescono a manovrare per raggiungere anche obiettivi in movimento e per sfuggire ai tentativi di abbattimento. Droni come il Lancet, che volano bassi e lenti, mettono facilmente in crisi i tradizionali sistemi di difesa aerea, progettati per intercettare bersagli in rapido movimento e di maggiori dimensioni. Posizionando reti e gabbie di metallo sopra i carri e le artiglierie è possibile limitare i danni, ma non è un caso che nell’ormai famosa intervista a The Economist il comandante militare ucraino, generale Valery Zaluzhny, abbia chiesto agli occidentali più sistemi radar e di difesa di guerra elettronica.

La strega mortale – Il drone ucraino Baba Yaga, dal nome di una strega malefica della tradizione slava, funziona come “nave madre” per il trasporto di una mezza dozzina di mini-velivoli per altrettante missioni “kamikaze”, permettendo loro di avanzare di 20-30 chilometri in territorio nemico risparmiando energia ed estendendo così il proprio raggio di azione. È molto importante anche la funzione di ripetitore di segnale radio che riesce a svolgere abbastanza egregiamente, allo scopo di indirizzare gli attacchi dei “droni figli”. Si tratta dell’adattamento a finalità belliche di un sistema che già era impiegato in ambito agricolo, nelle enormi coltivazioni a cereali della steppa, per questo provvisto di otto ali rotanti, come un minielicottero, e non ancora di ala fissa.

Un trio pericoloso e ben isolato – Il drone d’attacco Backfire, che di recente ha ricevuto l’ok del ministero della Difesa ucraino alla produzione, è composto da tre aerei (ciascuno del valore di 7mila dollari) , una stazione di controllo a terra, un sistema di lancio, pezzi di ricambio e altri oggetti (per un costo di altri 8mila dollari) e ha una portata fino a 35 chilometri dietro le linee nemiche. Servirà a colpire l’artiglieria russa, gli hub logistici, i depositi e i posti di comando potendo trasportare due bombe da 2 kg l’una su ciascun aeroplanino e riuscendo, proprio perché in tre, a mettere in crisi le difese. Grazie a un’antenna GPS molto protetta, il drone è resistente ai classici sistemi di guerra elettronica. Inoltre, a causa della completa autonomia del drone, i russi non possono rilevarne le coordinate e il comando a terra. Ciò protegge gli operatori. Secondo gli sviluppatori, le caratteristiche tecniche uniche del Backfire gli consentiranno presto di colpire posizioni nemiche fino a 40–50 km oltre la linea del fronte.

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