Un anno fa nasceva il Governo Meloni. Celebrato dalla premier come un momento storico con un videomessaggio tronfio e gonfio di vuota retorica e vittimismo. Ma questo lo capisco, perché di contenuti da rivendicare Giorgia Meloni, in un anno, ne ha ben pochi.

Si fregia di aver portato al governo l’Italia vera. Ma è davvero così? E se così fosse, viene da chiedersi quale sia per lei l’Italia vera.

Non l’Italia dei penultimi, degli ultimi e degli ultimissimi, colpevolizzati per il solo fatto di essere poveri, di non avere un lavoro, di vivere in contesti di disagio sociale ed economico, di non volersi e potersi accontentare di essere sfruttati, mal pagati e frustrati.

Non l’Italia del ceto medio, nella morsa dell’inflazione e dell’aumento vertiginoso delle rate dei mutui accesi per avere un tetto sopra la testa. Si parla di un milione di famiglie a cui questo governo ha deciso di non dare risposte, annunciando tardivamente una tassa sugli extraprofitti delle banche per poterle aiutare, salvo poi, allo schiarire della notte e della propaganda, scoprire che si trattava di un bluff. Perché nell’Italia di Meloni guai dare fastidio ai potenti, forti con i deboli e deboli con i forti.

Non l’Italia delle donne, pugnalate a tradimento proprio dalla prima premier donna, che ha deciso di far cassa su di loro taglieggiando opzione donna, quella misura che consentiva loro di andare in pensione prima, con la conseguenza che le lavoratrici che prima dell’arrivo di questo Governo potevano uscire a 58-59 anni più 35 di contributi oggi dovranno aspettare 63 anni: uno scalone di 5 anni. Quelle stesse donne che Meloni ha deciso di aiutare raddoppiando l’Iva per l’acquisto di assorbenti e prodotti per l’infanzia, come pannolini e latte in polvere. Insomma: sono una donna, sono una madre, pago più tasse e non andrò in pensione.

Non l’Italia dei pensionati o aspiranti tali, ai quali era stato promesso che avrebbero abolito la legge Fornero e aumentato le minime a 1000 euro, salvo nei fatti aggravare ancora di più la Fornero, rendere ancora più difficile l’uscita anticipata dal lavoro e tagliare la rivalutazione delle pensioni fino a 4 volte il minimo.

Non l’Italia dei giovani che oggi protestano per un caro affitti senza precedenti che mina il loro diritto allo studio e che ricevono come risposta nel migliore dei casi l’etichetta di bamboccioni viziati o centri sociali immeritevoli di ascolto, o, nel peggiore dei casi, le manganellate.

Non l’Italia di chi lavora e in molti casi di chi ha un lavoro povero, in maggioranza giovani e donne, ai quali il governo ha deciso ancora una volta di voltare le spalle, dicendo NO al salario minimo legale senza dire di no al salario minimo, perché questo è un governo che non ha neanche il coraggio di assumersi la responsabilità delle proprie scelte.

Non l’Italia che spera in una sanità pubblica degna dell’art. 32 della Costituzione, dal momento che la direzione è quella della progressiva riduzione del rapporto spesa sanitaria/Pil che precipita nel 2016 al 6,1% dopo essere salita al 7,1% nel Conte II, per un taglio di 16 miliardi.

Si dicevano “Pronti! per risollevare l’Italia”, invece l’hanno relegata al palo, da locomotiva d’Europa nel 2021 con una crescita del 12% nel biennio 2021/2022 a fanalino di coda nel 2024 con una misera crescita dello 0,8, nessuno farà peggio di noi in Europa. E non c’è da meravigliarsi visto che il governo fa fatica a spendere anche quelle risorse del Pnrr che ha trovato sotto il mattone. Finora Meloni & co. sono riusciti a spendere il 6% delle risorse, ottenendo la quarta rata dopo aver rinunciato a 16 miliardi di euro per ferrovie, dissesto idrogeologico e welfare.

Un anno di fallimenti e di promesse tradite, dai migranti alle accise sui carburanti, che raccontano quanto sia abissale la distanza tra il marketing e la politica. Quando ci si illude che conta di più saper interpretare un’idea piuttosto che avere buone idee, a pagarne le spese è il Paese reale, la gente comune, le future generazioni, l’Italia vera insomma che sembra essere rimasta fuori dalle stanze del potere targato Meloni. Quindi basta con il vittimismo e la sindrome di accerchiamento. Qui se c’è qualcuno che è sotto assedio è il popolo italiano.

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