Il recente attentato a Bruxelles dimostra che l’azione di lupi solitari simpatizzanti per l’Isis non si è affatto eclissata. Di sicuro la morte dei cittadini svedesi non rientra in un piano progettato dall’organizzazione jihadista ma piuttosto in una azione solitaria di un richiedente asilo, già tra l’altro segnalato, in cerca di gloria e pronto a sacrificarsi.

Abdesalem Lassoued, tunisino di 45 anni, residente a Schaerbeek, quartiere della capitale belga tra i più densamente popolati dalla comunità turca e da quella nordafricana, sarebbe entrato in Belgio nel 2019 da richiedente asilo e ci viveva da irregolare. Lassoued si era visto respingere la domanda di asilo nel 2020, venendo ufficialmente cancellato dal registro nazionale il 12 febbraio 2021. Per questo motivo non è stato possibile rintracciarlo per organizzare il suo rimpatrio, hanno spiegato le autorità del Belgio. Lo stesso attentatore avrebbe postato un video di rivendicazione sui social nel quale dichiarava di ispirarsi al presunto Stato islamico.

Questo tipo di attacchi, che con tutta probabilità non si fermeranno a Bruxelles ma coinvolgeranno altri Stati europei dove soprattutto sarà facile trovare simpatizzanti musulmani pronti ad immolarsi. Il recentissimo attacco di Hamas ad Israele ha rimesso in moto una spinta propulsiva e soprattutto emotiva per molti aderenti all’estremismo radicalizzato. Dopo la sconfitta pressoché totale dell’Isis con i suoi vertici decapitati, radicali più o meno improvvisati in tutto il mondo sono particolarmente affamati di gesti simbolici e di imprese leggendarie, tanto che Hamas in questo preciso momento storico sta dando loro ciò che più desideravano.

Inoltre molte tecniche di simpatizzanti dell’Isis sono state riprese dai martiri dell’ala armata di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam. Da sempre le Brigate hanno il proprio sito web, inclusa una versione in lingua inglese, che ne pubblicizza scopi e attività, utilizzato per rivendicare la responsabilità di attacchi terroristici e per annunciare la morte dei membri a seguito degli attacchi aerei israeliani.

In tutto il mondo dei social ci sono intere pagine caratterizzate da vignette che istigano i palestinesi a utilizzare i loro mezzi di trasporto per uccidere gli israeliani. Una vignetta raffigura un bambino con in testa la fascia verde di Hamas e al volante di un’auto. La didascalia recita: “O palestinese, guida, va avanti!”. Gli estremisti delle Brigate Ezzedin al-Qassam hanno pubblicato molte altre vignette simili come parte della loro campagna per istigare i palestinesi a lanciare degli attacchi terroristici contro il nemico Israele. Ancora, “Investi un bimbo di 2 mesi, investi i coloni, trasforma la strada in una trappola, per AI Aqsa, investili, investili”.

A pensarci bene questa stessa tattica nata con il nome di “car intifada” è stata ripresa dall’Isis molte volte creando morti e panico soprattutto in Europa, basti pensare all’attentato di Nizza o a quello dei mercatini di Berlino. L’Isis nel 2014, attraverso il suo portavoce, Abu Muhammad al-Adnani, invitava i seguaci all’estero ad attaccare americani e francesi miscredenti e i loro alleati e a “spaccargli la testa con un sasso, massacrarli con un coltello, o ad investirli con una macchina”. In un numero del 2016 della rivista on-line Rumiyah, l’Isis ha sollecitato i suoi seguaci ad uccidere i nemici di Allah usando veicoli che salgono inaspettatamente sui marciapiedi affollati, schiantandosi contro la folla.

Dopo quanto successo a Bruxelles, quello che preoccupa maggiormente è il tentativo pericoloso di emulazione terroristica. Il timore è che si sia sviluppato una sorta di “terrorismo a chilometro zero” o fai da te. Sul web, infatti, la propaganda incontra il migliore tra i terreni fertili per lo sviluppo dell’emulazione. Le origini del gesto vanno ricercate nel web o nel carcere dove si costruiscono nuovi processi di socializzazione, all’interno dei quali l’individuo finisce per accogliere una sorta di nuovi valori. La carneficina diventa un modello da imitare e purtroppo come visto il fenomeno non è isolato e non è nuovo. In inglese si usa il termine “copycat crime”, cioè un crimine che appare influenzato da un altro, celebre crimine, come quello delle atrocità di questi giorni commesse sui civili nei villaggi israeliani, fonte di ispirazione per la nuova violenza jihadista.

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