Un cono d’ombra all’interno del quale Abdesalem Lassoued, il presunto attentatore di Bruxelles, ha potuto muoversi praticamente indisturbato per tre anni. Tempo che gli ha permesso di continuare a portare avanti il suo processo di radicalizzazione, forse di apprendere nuove tecniche di attacco, di procurarsi un’arma come un mitra eludendo le maglie evidentemente non troppo strette della sicurezza belga e, infine, di attuare il suo piano omicida. L’attentato terroristico nel cuore della capitale belga mette di nuovo in luce le enormi falle degli apparati di sicurezza belgi, finiti sotto accusa già negli anni più caldi del terrorismo islamista in Europa per il numero di attacchi di cui il Paese è rimasto vittima e perché proprio nel cuore della città, tra i quartieri di Schaerbeek, dove abitava anche il sospetto, e Molenbeek, era basata la cellula terroristica che si è resa responsabile degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 e di quelli all’aeroporto Zaventem e nella metropolitana di Maalbeek, a Bruxelles.

La storia di Lassoued, in questo senso, non fa eccezione. Una storia di radicalizzazione, di segnalazioni alle forze dell’ordine, di una richiesta d’asilo già rifiutata anni fa e che avrebbe dovuto portare alla sua espulsione dal Paese. Tutti elementi che non sono stati sufficienti a far sì che venisse alzata l’attenzione delle forze di sicurezza e d’intelligence su di lui. Tanto che per le autorità belghe, come è stato ammesso anche dalla segretaria di Stato per l’Asilo e la Migrazione, Nicole de Moor, “era sparito dai radar“.

Scomparso per ben tre anni, nonostante lo stigma di “soggetto radicalizzato”, come stanno riportando in queste ore i media belgi. Anzi, di più: Lassoued non era solamente un estremista, secondo la tv Rtbf era una persona attenzionata anche dalle autorità tunisine per “attività terroristiche”. Era quindi un soggetto attivo e pronto a colpire, non un radicalizzato ‘dormiente’.

Ma non è così che le autorità lo hanno trattato, come ha spiegato la stessa de Moor: “Aveva presentato una domanda di asilo nel nostro Paese nel novembre 2019. Ha ricevuto una decisione negativa nell’ottobre 2020 e poco dopo è scomparso dai radar”. Nonostante non esistessero prove del fatto che avesse lasciato il Paese, i servizi interni hanno comunque perso le sue tracce: “È stato ufficialmente cancellato dal registro nazionale del comune il 12 febbraio 2021 e quindi non è stato possibile rintracciarlo per organizzare il suo ritorno. Non ha mai soggiornato in un centro di accoglienza Federale. Non è mai stato presentato dalla polizia dopo un’intercettazione all’Ufficio stranieri per consentire il suo rimpatrio. Di conseguenza, l’ordine di lasciare il Paese, emesso nel marzo 2021, non è mai stato emesso”. Nel frattempo, Lassoued ha potuto continuare il suo processo di radicalizzazione, organizzare il suo piano omicida e procurarsi un mitra, un’arma non semplice da reperire come, ad esempio, una pistola.

È riapparso nella nottata di lunedì, come un fantasma, giacchetto arancione indosso e il fucile d’assalto ben stretto in braccio. E a pagarne le conseguenze sono stati due cittadini svedesi. Non sono ancora state chiarite le motivazioni del gesto, ma sembra che questo sia scollegato da ciò che sta accadendo in Israele e nella Striscia di Gaza. Nel suo video di rivendicazione non fa cenno ad alcun precedente che può aver fatto scattare il suo piano, si limita a dire che ha agito per “vendicare tutti i musulmani”. Ma precisa una cosa: “Ho ucciso tre svedesi”, anche se in realtà sono due, mentre un altro è rimasto ferito. Questa precisazione può far pensare che proprio lo Stato scandinavo fosse nel mirino del terrorista, magari per la polemica esplosa dopo i roghi del Corano.

Resta il fatto che l’attentato ha di nuovo trovato totalmente impreparate le forze di sicurezza belghe, nonostante si stia parlando di un Paese che accoglie una delle più importanti comunità islamiche d’Europa, dove la presenza di cellule terroristiche dormienti è appurata e che nell’ultimo decennio ha sofferto più di tutti, insieme alla Francia, le conseguenze delle azioni terroristiche ispirate dall’ex Califfato. Tanto che anche la sua cattura, nella mattinata di martedì, è avvenuta non grazie all’azione investigativa dei poliziotti e dei servizi segreti belgi, bensì a una segnalazione di un cittadino che lo ha riconosciuto. L’uomo non si trovava in un nascondiglio, in un bunker, non stava fuggendo celando la sua identità: è stato trovato e ucciso in un bar del quartiere dove viveva.

Twitter: @GianniRosini

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