La delegittimazione dello speaker della Camera, Kevin McCarthy, da parte del Congresso americano, più che un evento storico, è un evento preoccupante. Distratto dalla guerra in Ucraina e dalla minaccia russa, il mondo non sta prestando sufficiente attenzione a ciò che succede negli Stati Uniti, nazione non solo fondamentale per l’economia mondiale ma ‘necessaria’ per il pianeta, come ha ricordato il presidente Joe Biden nel suo ultimo discorso.

La crisi politica che dilania gli Stati Uniti minaccia i pilastri su cui la costituzione è stata creata: bilanciamento dei poteri e bipolarismo. Il voto di sfiducia nei confronti di McCarthy conferma il declino del secondo principio: la fronda trumpiana del partito repubblicano è riuscita a farlo fuori per evitare che raggiungesse un accordo di lungo periodo con i democratici, al fine di evitare che il governo si trovasse senza fondi per mandare avanti la macchina federale.

Il cosiddetto shutdown, letteralmente chiusura, potrebbe avvenire entro la metà di novembre quando, senza un aumento del tetto del debito, i forzieri del governo si troverebbero nuovamente a secco (l’accordo dello scorso 1° ottobre ha solo posticipato fino al 17 novembre la crisi della chiusura). Le conseguenze in casa sono immaginabili, e cioè chiusura degli uffici governativi e anche all’estero; prosciugamento totale dei fondi a favore della guerra in Ucraina. Particolarmente preoccupante è la situazione lungo il confine con il Messico, letteralmente preso d’assalto dai migranti. A parte la riduzione dei pattugliamenti e assistenza, l’impossibilità di raggiungere un accordo bilaterale su come gestire i flussi rende il confine sempre più poroso.

Non è la prima volta (vedi elenco sotto) che il governo americano si ritrova senza soldi e senza un accordo per alzare il tetto del debito: l’ultima volta è successo a dicembre del 2018, durante la presidenza Trump, e la chiusura è durata ben 35 giorni, la più lunga della storia. Il disaccordo è nato dallo scontro tra il presidente Trump e il Congresso riguardo ai finanziamenti per costruire il muro di confine con il Messico. Lo shutdown ha interessato circa 800mila impiegati federali, che hanno dovuto lavorare senza stipendio o sono stati licenziati. Ha anche avuto un impatto negativo sull’economia, sulla sicurezza nazionale, sui servizi pubblici e sull’ambiente. La chiusura si è conclusa il 25 gennaio 2019, quando Trump ha firmato un disegno di legge di spesa temporanea che non includeva il finanziamento del muro, ma consentiva ulteriori negoziati.

In passato, tutti gli shutdown si sono conclusi più o meno velocemente con compromessi bilaterali, ma questa volta potrebbe non succedere in poco tempo perché i sostenitori di Trump vedono nella paralisi del governo un’arma potente per la sua rielezione. Non dimentichiamo che la narrativa è che Trump è il presidente anti-sistema, colui che vuole picconare lo status quo per restituire il paese al popolo.

Il fallimento del bilateralismo mina anche il bilanciamento dei poteri, principio già indebolito dal rifiuto di Donald Trump di accettare la sconfitta elettorale. A riprova Trump, che al momento ha la maggioranza dei voti del partito per candidarsi alle elezioni, non partecipa ai dibattiti elettorali dove è il grande assente. Negli Stati Uniti se il presidente in carica si candida è automaticamente il candidato del partito al potere e nessuno lo sfida, e infatti Joe Biden è il candidato del partito democratico. Trump snobba i dibattiti perché si considera il presidente eletto.

La crisi politico-istituzionale, di cui la fuoriuscita di McCarthy è solo uno dei sintomi, potrebbe destabilizzare ulteriormente i poteri istituzionali e quelli forti, una prospettiva preoccupante per gli Stati Uniti ma anche per il mondo in un momento di grande disequilibrio in cui nuove e pericolose alleanze si stanno delineando.

***

Il governo degli Stati Uniti ha subito diverse chiusure nella sua storia, solitamente a causa di controversie sul bilancio federale o su politiche specifiche.

– 20-23 novembre 1981: il presidente Ronald Reagan pose il veto su un disegno di legge sui finanziamenti perché voleva ulteriori tagli alla spesa interna.
– 30 settembre-2 ottobre 1982: il Congresso non ha rispettato la scadenza per approvare un disegno di legge di spesa a causa di eventi contrastanti del partito.
– 3-5 ottobre 1984: il Congresso non rispetta un’altra scadenza dopo aver approvato una proroga temporanea.
– 16-18 ottobre 1986: il presidente Reagan pose il veto a un disegno di legge di spesa che includeva un pacchetto di progetti idrici a cui si opponeva.
– 18-20 dicembre 1987: il Congresso ritardò l’approvazione di un disegno di legge di spesa a causa di disaccordi sui livelli di spesa per la difesa e non per la difesa.
– 5-9 ottobre 1990: il presidente George H. W. Bush pose il veto a un disegno di legge di spesa che non includeva misure di riduzione del deficit.
– 13-19 novembre 1995: il presidente Bill Clinton pose il veto a un disegno di legge di spesa che includeva importanti tagli alla spesa e modifiche a Medicare, Medicaid e ai programmi di welfare.
– 15 dicembre 1995-6 gennaio 1996: il presidente Clinton e il Congresso non riescono a mettersi d’accordo su un piano di bilancio per pareggiare il bilancio in sette anni.
– 1-16 ottobre 2013: il Congresso non è riuscito ad approvare un disegno di legge di spesa a causa di una controversia sull’attuazione dell’Affordable Care Act (ACA).
– 20-22 gennaio 2018: il Congresso non è riuscito a trovare un accordo su un disegno di legge di spesa che affrontasse le questioni relative all’immigrazione, come il programma Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA) e la sicurezza delle frontiere.
– 9 febbraio 2018: il Congresso non ha rispettato la scadenza per approvare un disegno di legge di spesa a causa dei disaccordi sui livelli di spesa per la difesa e non per la difesa, ma ha risolto rapidamente il problema in poche ore.
– 22 dicembre 2018-25 gennaio 2019: il presidente Donald Trump e il Congresso non sono riusciti a trovare un accordo su un disegno di legge di spesa che includesse finanziamenti per l’espansione delle barriere al confine tra Stati Uniti e Messico.

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