Scontro acceso a Otto e mezzo (La7) tra Massimo Giannini, da oggi editorialista della Repubblica dopo il suo addio alla Stampa, e il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti.
Tutto esplode quando Lilli Gruber incalza Giannini chiedendogli i veri motivi delle sue dimissioni da direttore del quotidiano torinese, citando la tesi esposta due giorni fa sul Giornale secondo cui il giornalista è stato “silurato da John Elkann”. In un pezzo di Orlando Sacchelli, si legge che Giannini è stato duro con Giorgia Meloni ma anche con Sergio Mattarella, a cui avrebbe “tirato la giacca” negli ultimi giorni. “E dopo pochi giorni – scrive Il Giornale – Giannini è arrivato al capolinea. Forse solo per una coincidenza”.
Interpellato sulla tesi del quotidiano, Giannini fa chiarezza premettendo: “Confesso che non ho letto il penoso articolo dei volenterosi carnefici di Giorgia Meloni al servizio di certi giornali. La verità è un’altra”.

Giannini spiega che il suo passaggio a Repubblica è stato concordato col gruppo Gedi: “Da giugno abbiamo avviato una riflessione sulla natura del giornale e su come si potesse rafforzare e rilanciare la sua mission. Dopo una riflessione prolungata, la conclusione a cui è arrivato il nostro editore, come peraltro recita il comunicato ufficiale, è che La Stampa deve recuperare un rapporto molto più vicino e diretto col suo territorio. Versione alla quale io ero meno votato”.

E torna sulla tesi del Giornale: “Io sarei stato silurato per ragioni politiche? Premetto che il clima è molto tossico nei rapporti tra politica e informazione, tanto quanto lo è in quelli tra politica e magistratura. Dopodiché non voglio credere che sia questa la spiegazione e non lo credo. Se fosse così e se io dovessi crederlo, allora domattina dovremmo scendere tutti in piazza, altro che la giudice Apostolico – continua – Se, cioè, la presidenza del Consiglio, l’attuale governo e l’attuale maggioranza potessero convincere un gruppo editoriale privato a mettere e a togliere un direttore, allora io dovrei scendere in piazza a manifestare. Non lo faccio perché non ci credo”.

“Scenderebbe in piazza anche Sallusti, vero Alessandro?”, chiede Gruber al direttore del Giornale.
“Ma no, lui ha brindato – commenta Giannini – Sallusti è contento”.
“No, non sono assolutamente contento – replica Sallusti – anche perché è la fine che prima o poi tocca a tutti, quindi presto o tardi potrebbe capitare anche a me“.
E arriva la frecciata di Lilli Gruber: “Io veramente da quando ti conosco sei direttore“.

“Beato lui, è il direttorissimo – commenta Giannini – Ma in ogni caso di quale fine e siluramento parli? Io torno a casa mia, perché Repubblica è la mia casa in cui ho abitato per 33 anni, di cui 11 come vicedirettore. Torno lì a fare l’editorialista, non è che vado ai giardinetti. E mi pare che Repubblica, a prescindere da quello che farà La Stampa nelle solide mani di Andrea Malaguti, sia un giornale altrettanto critico col governo Meloni”.

Sallusti rilancia: “Veramente tra tutti i possibili mandanti che hai citato, io non escluderei il Quirinale“.
Giannini scoppia a ridere e chiede: “Ma tu credi davvero alle cose che dici? Cioè pensi veramente che io sarei stato silurato, come dici tu, dalla direzione della Stampa perché il Quirinale si è arrabbiato? Ma poi per cosa? Ho sempre definito Mattarella il presidio della nostra democrazia e tu pensi che abbia chiesto a Elkann di cacciarmi? Io non posso pensare che credi a quello che dici. Lo dico per il tuo bene”.

“Il Quirinale ha fatto una nota – risponde Sallusti – per protestare contro un titolo di apertura della Stampa. Non capita tutti i giorni che il Colle faccia una nota. Io dico solo che tu tra i ‘cattivi’ non citi il Quirinale”.
“Ma che il Quirinale ce l’avesse con la Stampa lo dici tu, perché nessuno lo sa – replica Giannini – In quella nota non c’è scritto da nessuna parte, il Colle ha parlato genericamente di ‘alcuni organi di informazione’“.

Sallusti ride e Giannini chiosa, quasi a prevedere cosa sarebbe successo dopo qualche ora: “E poi quante volte smentisce il Quirinale? Se si dovessero cacciare tutti i direttori perché c’è stata una smentita del Quirinale, saremmo tutti davvero ai giardinetti”.

Detto fatto: dopo qualche ora è arrivata puntualmente la smentita piccata del presidente della Repubblica per voce del consigliere per la stampa del Quirinale, Giovanni Grasso, che ha definito ‘assolutamente farneticanti’ le affermazioni di Sallusti e del quotidiano che dirige. E ha aggiunto: “Come dovrebbe essere noto a tutti, la presidenza della Repubblica non si è mai permessa di interferire nelle libere dinamiche editoriali e nella nomina di direttori. Chi afferma il contrario mente“.

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