I gestori degli stabilimenti balneari festeggiano. Dai dati emersi dal tavolo tecnico istituito presso la presidenza del Consiglio emergerebbe infatti che le spiagge non sono “risorse scarse”, constatazione che potrebbe evitare l’applicazione della direttiva Bolkestein e la messa a gara delle concessioni, oggi assegnate a canoni irrisori. Secondo il governo il 33% circa delle aree demaniali delle coste è in concessione. Questa percentuale, spiegano fonti del tavolo dopo la riunione a P. Chigi, sarebbe il punto di partenza per avviare l’interlocuzione con la Commissione Ue. Le associazioni dei balneari chiedono di far proseguire il tavolo per mappare anche le coste di laghi e fiumi, una scelta che “diluirebbe” ancora di più la quota dei litorali assegnati.

“Nella riunione odierna abbiamo condiviso la relazione conclusiva che conferma quanto da noi sempre affermato sulla non scarsità della risorsa e, quindi, sulla disponibilità del demanio marittimo per nuove attività economiche”, afferma Antonio Capacchione, presidente del Sindacato Italiano Balneari aderente alla Confcommercio, convinto che venga meno “il presupposto per la messa a gara delle concessioni demaniali marittime attualmente vigenti”. “Dobbiamo preoccuparci di difendere l’italianità, non si può svendere ai capitali stranieri come avviene in tanti altri settori”, dice Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia. “Abbiamo appreso con piacere che la risorsa costiera è ampiamente disponibile, per cui si possono assegnare in concorrenza numerose concessioni balneari, insieme al relativo piano di tutela per gli attuali concessionari – commenta il presidente di Federbalneari Italia, Marco Maurelli. In Italia si contano 12mila concessioni da cui lo Stato incassa appena 100 milioni l’anno (una media di meno di 8mila euro a stabilimento ma spesso non si arriva a 2.500). Al di là del dato generale ci sono tratte del litorale in cui la balneazione libera è pressoché impossibile.

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