Andrea Purgatori non aveva metastasi al cervello quando è morto: è quanto emerge “concordemente” dagli esami istologici completati nell’ambito dell’indagine della procura di Roma sul decesso del giornalista, deceduto lo scorso 19 luglio. I consulenti dei pubblici ministeri e quelli delle parti hanno tenuto un incontro per fare il punto sulla attività effettuata in queste settimane all’istituto di medicina legale del Policlinico di Tor Vergata. Nel procedimento, avviato dopo una denuncia dei familiari, sono indagati due medici per omicidio colposo: si tratta del professor Gianfranco Gualdi, responsabile della radiologia della Casa di Cura Pio XI di Roma, e del dottor Claudio Di Biasi, un membro della sua équipe, cioè i due professionisti che hanno effettuato la prima diagnosi di tumore in stadio avanzato, con metastasi anche al cervello, da curare con una radioterapia ad alto dosaggio.

La vicenda della malattia di Purgatori ha avuto inizio lo scorso 24 aprile, quando si ricovera nella clinica privata Villa Margherita. Emergono valori delle analisi sballati in seguito a una tac e una biopsia. I risultati vengono girati alla Casa di Cura Pio XI, dove viene formulata la diagnosi di “tumore al polmone con metastasi diffuse agli organi vicini e al cervello”. Purgatori viene quindi dirottato in un’altra clinica dove inizia i cicli di radioterapia.

Il giornalista continua a sentirsi bene e prosegue con il suo lavoro, ma attorno alla metà di maggio inizia a sentirsi stanco e affaticato. Nella prima clinica dove era stato diagnosticato il cancro in fase avanzata gli viene però detto che la terapia funziona e le metastasi si sono ridotte. Il quadro fisico però è in continuo aggravamento, tanto da costringere Purgatori a un nuovo ricovero, sempre a Villa Margherita. E lì c’è una nuova tac, dalla quale emerge un’altra verità clinica: non c’è nessuna metastasi al cervello, soltanto alcune ischemie cerebrali.

Ma nonostante la diagnosi sia completamente diversa da quella che ha portato Purgatori a intraprendere la radioterapia, per i medici è coerente col il quadro clinico del paziente. Una risonanza magnetica eseguita nei giorni successivi esclude la presenza di metastasi. Anche in questo caso l’esito dell’esame è di segno opposto rispetto alla diagnosi iniziale, tanto da volere ripetere nuovamente l’esame”incrociandolo con quello eseguito alla Pio XI, prima di emettere il suo verdetto: non solo le metastasi non ci sono, ma non ci sarebbero mai state”, come aveva ricostruito Il Domani.

Il declino fisico di Purgatori prosegue, tanto da rendere necessario un ricovero all’Umberto I nei primi giorni di luglio. I famigliari, in ospedale, parlano con un radiologo “che in quei momenti concitati si preoccupa di confermare alla famiglia la presenza delle famose metastasi al cervello”. Si tratta di un medico che oltre a lavorare nell’ospedale romano, collaborava con Gualdi alla Pio XI ed “era uno dei firmatari del referto del giorno 8 maggio da cui era partita la diagnosi”. Undici giorni dopo il ricovero, il 19 luglio, Andrea Purgatori muore.

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