Lo stupore alla fine è reciproco. E mentre i giorni passano le tensioni tra Italia e Germania sul dossier migranti non accennano a diminuire. Il casus belli è stato l’annuncio di “imminenti” finanziamenti per le ong che un portavoce del ministero degli Esteri tedesco ha fatto su domanda dell’Ansa venerdì scorso. Una notizia che ha provocato la dura reazione di Palazzo Chigi e di tutta la maggioranza di centrodestra, con il ministro della Difesa Guido Crosetto che ha parlato di un atto “grave“. Due giorni fa, il 23 settembre, la premier Giorgia Meloni ha inviato al cancelliere tedesco Olaf Scholz una lettera in cui lamenta appunto di aver “appreso con stupore che il Tuo governo – in modo non coordinato con il governo italiano – avrebbe deciso di sostenere con fondi rilevanti organizzazioni non governative impegnate nell’accoglienza ai migranti irregolari sul territorio italiano e in salvataggi nel Mare Mediterraneo“. La lettera è stata resa pubblica oggi, nello stesso giorno in cui Berlino ha manifestato però il suo di stupore, di fronte alla reazione scomposta dell’Italia. Il governo tedesco infatti sostiene che il governo Meloni sapesse tutto, perché era stato comunicato a Roma addirittura lo scorso novembre. “Possiamo confermare la ricezione della lettera della presidente del Consiglio italiano, la lettera riceverà una risposta” dice in serata un portavoce del governo tedesco.

Berlino da sempre finanzia le Ong impegnate in ambito umanitario, come la Comunità di Sant’Egidio e Sos Humanity che saranno destinatarie dei prossimi fondi tedeschi, quindi non si aspettava la reazione italiana. Il portavoce del ministero degli Esteri tedesco, Sebastian Fischer, ha definito “una sorpresa” in particolare le critiche del ministro Crosetto, spiegando che “il governo federale attua al momento una promozione finanziaria definita dal parlamento in base alla quale devono essere sostenuti salvataggi in mare civili come anche progetti a terra per persone salvate in mare”. In altre parole, il governo tedesco è obbligato dal Bundestag a utilizzare parte dei fondi per finanziare le ong. In questi giorni sta semplicemente attuando quelle disposizioni. “Questa decisione del Bundestag è stata presa già diverso tempo fa“, ha aggiunto Fischer riferendosi implicitamente al novembre scorso e ribadendo informazioni più volte ripetute da Berlino. “Anche i nostri partner italiani all’epoca furono già informati su ciò“, conclude il portavoce. “Noi non ne sappiamo nulla, non abbiamo progetti in corso, non ci risulta che ci siano discorsi di questo genere”, aveva invece risposto venerdì il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi commentando la notizia.

Nella sua lettera a Scholz, Meloni chiede alla Germania uno sforzo finanziario su un altro fronte, “lavorando ad un’iniziativa Ue con i Paesi di transito della sponda sud del Mediterraneo“. Il governo italiano ha ricevuto la sponda del presidente francese Emmanuel Macron, che ha proposto di “aumentare i fondi destinati ai Paesi di transito” come Tunisia e Algeria. Berlino però gioca la sua partita: i migranti non arrivano tutti in Italia, c’è anche la rotta balcanica dove la pressione è a sua volta in crescita. Da lì arrivano ad esempio profughi siriani e afghani: secondo i numeri del governo tedesco, nei primi 8 mesi dell’anno la Germania ha dovuto far forte ad oltre 200mila richieste di asilo. Per fare un raffronto, l’Italia da inizio anno ad oggi ha dovuto gestire 133mila arrivi. L’opposizione interna al governo Scholz chiede la linea dura: il leader del partito cristiano-sociale bavarese (Csu), Markus Soeder, ha proposto un tetto massimo annuale al numero di rifugiati che possono essere accolti in Germania. La maggioranza per ora non indietreggia, ma per placare le critiche ha appunto sospeso il supporto all’Italia per l’accoglienza dei migranti arrivati a Lampedusa, con la giustificazione che Roma “non sta rispettando le riammissioni del sistema di Dublino“. Il braccio di ferro è cominciato così una settimana fa ed è proseguito sul caso ong. Ma al governo Meloni la partita dei ricollocamenti non interessa, tanto che la premier non ne fa nemmeno menzione nella lettera. Per il centrodestra la vera chiave di volta è l’attenzione verso i Paesi di provenienza e transito: di questo parlerà il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, quando in settimana a Berlino incontrerà la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock. La quale Baerbock ha già dato un assaggio di qual è la linea del governo tedesco. In un’intervista alla radio Deutschlandfunk si è pronunciata contro un’ipotesi di “blocco navale”. “Per tutti gli Stati, e anche per la Repubblica federale di Germania, il fondamento è la Convenzione europea dei diritti dell’uomo” – ha spiegato – la “base su cui facciamo tutte le leggi e lì ci sono anche chiare regole sulla questione del riportare indietro imbarcazioni in alto mare. Si deve dare protezione a persone che sono in difficoltà in mare, non le si può semplicemente respingere”. “Al tempo stesso – specifica la ministra verde – e l’abbiamo anche ancorato insieme a livello europeo, dobbiamo fare di tutto affinché salpino meno imbarcazioni”. Si devono “stringere accordi di migrazione con Paesi di fronte all’Europa – sottolinea Baerbock – e in questo la Germania lavora come capofila, affinché meno esseri umani salgano su queste pericolose imbarcazioni”.

La lettera di Meloni a Scholz
L’ira del governo italiano è riassunta nella missiva firmata da Meloni: “Per quanto riguarda l’importante e oneroso capitolo dell’assistenza a terra è lecito domandarsi se essa non meriti di essere facilitata in particolare sul territorio tedesco piuttosto che in Italia. Inoltre, è ampiamente noto che la presenza in mare delle imbarcazioni delle ONG ha un effetto diretto di moltiplicazione delle partenze di imbarcazioni precarie che risulta non solo in ulteriore aggravio per l’Italia, ma allo stesso tempo incrementa il rischio di nuove tragedie in mare”, scrive la premier, rilanciando la linea del centrodestra contro le ong, che però nel corso dell’estate sono state “usate” dall’Italia per gestire i salvataggi in mare.

“Ritengo che gli sforzi, anche finanziari, delle Nazioni Ue interessate a fornire un sostegno concreto all’Italia dovrebbero piuttosto concentrarsi nel costruire soluzioni strutturali al fenomeno migratorio, ad esempio lavorando ad un’iniziativa Ue con i Paesi di transito della sponda sud del Mediterraneo, che peraltro necessiterebbe di risorse inferiori rispetto a quella da tempo in essere con la Turchia“, prosegue Meloni nella lettera al cancelliere tedesco. “Caro Olaf – aggiunge – come sai, in queste settimane il governo italiano è impegnato in prima linea nel fare fronte ad una pressione migratoria eccezionale. Tale impegno si esprime sia sul fronte interno per dare il massimo sostegno alle regioni italiane più coinvolte, a partire dall’isola di Lampedusa, sia su quello internazionale, dove abbiamo moltiplicato i contatti, da ultimo a New York, con i partner internazionali ed i paesi di origine e transito nonché con le istituzioni e gli Stati membri Ue”. Meloni torna quindi a battere sull’attuazione del Memorandum d’intesa Ue-Tunisia, che finora si è rivelato essere un fallimento, ammesso peraltro dalla stessa maggioranza. “Certa della tua comprensione e collaborazione, mi auguro che gli esatti contorni di queste iniziative del tuo governo potranno essere meglio chiariti, e sarò lieta di discutere di persona della questione alla prima occasione utile, a partire dal vertice Cpe e dal Consiglio europeo di Granada il prossimo 5 e 6 ottobre”, conclude poi Meloni rivolgendosi sempre a Scholz. Secondo Berlino, però, Palazzo Chigi era informata di tutti da quasi un anno.

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