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Ermal Meta sullo stupro di Palermo: “Ad ognuno di voi ‘cani’ auguro di finire sotto 100 lupi in modo che capiate”. Poi: “Ho scritto per rabbia ma ho conosciuto vittime, quel dolore non passa”

Il commento della vicenda ha generato su Twitter dibattito e polemiche, tra chi sostiene che la linea dura sia giusta e chi ricorda lo scopo educativo del carcere evitando la giustizia fai da te: "Io non ho scatenato nessun odio. L'odio viene scatenato da una certa passività. Spesse volte il non interesse su quello che accade viene travestito da una sorta di garantismo, e non può essere più così. È giusto educare ma è giusto anche punire qualora l'educazione non funzioni", ha spiegato il cantautore al TG1

di Giuseppe Candela

“Lì in galera, se mai ci andrete, ad ognuno di voi ‘cani’ auguro di finire sotto 100 lupi in modo che capiate cos’è uno stupro“, con queste parole Ermal Meta ha commentato lo stupro subito da una ragazza di 19 anni, violentata da un branco di sette giovani a Palermo.

Il commento della vicenda ha generato su Twitter dibattito e polemiche, tra chi sostiene che la linea dura sia giusta e chi ricorda lo scopo educativo del carcere evitando la giustizia fai da te: “Conosco persone, donne, che da uno stupro non si sono riprese mai più. Che scattano in piedi appena sentono un rumore alle loro spalle, che non sono più riuscite nemmeno ad andare al mare e mettersi in costume da bagno come se non avessero nemmeno la pelle. Vogliamo salvare e recuperare un branco? Ok, sono d’accordo. Ma come salviamo una ragazza di 19 anni che d’ora in poi avrà paura di tutto? Perché la responsabilità sociale la sentiamo nei confronti dei carnefici e non in quelli della vittima?”, ha aggiunto il cantante albanese naturalizzato italiano.

“Se c’è una qualche forma di responsabilità collettiva nei confronti dei carnefici, allora dovremmo provare a sentirci responsabili anche per quella ragazza e per tutte le vittime di stupro perché è a loro che dobbiamo veramente qualcosa, sono le vittime che vanno aiutate a ricostruire la propria vita”, ha proseguito il cantante: “Per quanto riguarda le pene esemplari credo che siano assolutamente necessarie per un semplice motivo: nessun atto criminale viene fermato dalla paura della rieducazione, ma da quella della punizione. Ovviamente siamo tutti garantisti finché la ‘bomba’ non ci cade in casa”, ha aggiunto Meta.

Finito nel mirino per aver usato toni troppo duri e poco garantisti nei confronti dei sette giovani arrestati: “È evidente che il sistema educativo ha fallito. Servono punizioni esemplari e certezza della pena. Ciò che lucidamente hanno fatto e detto è raccapricciante. Immaginate di essere quella ragazza con un calvario da vivere e che la segnerà a vita. Immaginate di essere al posto dei genitori della ragazza che dopo 4/5 anni, se va bene, si vedono in giro queste bestie. Immaginate di essere invece la madre di uno di loro che tenta di screditare la vittima. Lo vedete l’abisso? Riuscite a percepirlo?”.

L’artista è tornato sull’argomento nel corso dell’ospitata di questa mattina al “Tg1 Mattina“: “Ciò che ho scritto d’istinto è stato dettato dalla rabbia di un libero cittadino. Il dolore non deve essere necessariamente personale per poterlo sentire. Ho conosciuto persone che hanno subito stupri e dopo vent’anni il loro dolore è ancora vivo. Quando compi uno stupro – ha continuato Ermal Meta – l’eco di quel crimine dura per tantissimo tempo. Io non ho conosciuto stupratori che hanno fatto 25 anni di galera, ma ho conosciuto vittime di stupro che hanno fatto 20 anni di psicofarmaci. Non è quella forse una prigione?”.

Alle polemiche sull’aver scatenato l’odio dei social, Meta ha così replicato: “Io non ho scatenato nessun odio. L’odio viene scatenato da una certa passività. Spesse volte il non interesse su quello che accade viene travestito da una sorta di garantismo, e non può essere più così. È giusto educare – ha concluso il cantautore – ma è giusto anche punire qualora l’educazione non funzioni. Tutti i giorni incontro persone che esprimono le proprie paure e la più grande paura è diventata quella dell’altro”.

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