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Il cliente se ne va dal ristorante con insulti razzisti contro la proprietaria. La denuncia amareggiata sui social: “Il nero va bene fin quando fa il lavapiatti”

di F. Q.

Va al ristorante, si siede ma dopo aver chiesto alla cameriera se la proprietaria fosse “neg*a, di colore” decide di andare via. Razzismo addirittura ostentato: succede ad Agrigento e a renderlo noto è Carmelo Roccaro, presidente della cooperativa sociale Al Karhub che gestisce il ristorante Ginger People&Food. La chef del locale si chiama Marame Cissè e vanta diversi premi e riconoscimenti. Originaria del Senegal, dal 2012 ricongiuntasi al marito ha deciso di restare nella città sicula. Roccaro parla sui social dell’accaduto indirizzando alla cliente una lettera: “Sei entrata di fretta, con il tuo compagno, […] donna nostrana sulla sessantina circa. Sei stata accolta con il sorriso dalla nostra Karima, addetta di sala, giovane ragazza di seconda generazione, grande lavoratrice, che ti ha fatto accomodare dove volevi tu. Dopo qualche minuto ti ho visto alzare da tavola, disturbata, e dirigerti verso l’uscita. Ti sono venuto incontro per capire cosa stesse succedendo ma non mi hai degnato di uno sguardo e, alquanto seccata, non hai neanche risposto al mio saluto e sei andata via, così”.

È la cameriera a spiegargli l’accaduto: “Dopo avere visto il menù la signora mi ha chiesto se per caso la proprietaria del ristorante fosse una signora neg…di colore. E alla mia conferma si è alzata dicendo che non voleva più cenare qui…”. Roccaro prosegue: “Io sono uscito e ti ho seguito mentre risalivi in macchina e andavi via, evitando di guardarmi, mentre costringevi il tuo compagno ad una improbabile inversione ad U. Io non conosco chi sei, la tua storia, i tuoi problemi e non oso nemmeno giudicarti. So solo che ho sentito una grande tristezza nel cuore. Ieri sera ho preso consapevolezza di quanto profondo e radicato sia questo sentire che emerge dal lato oscuro delle persone. Ma, ti sembrerà strano, ieri io ti ho anche ammirato. Ti ho ammirato perchè hai avuto la coerenza di dire quello che tante persone, concittadini, amici pensano ma non hanno il coraggio di ammettere. Non importa se si tratta di spazzatura, ma lo hai detto, hai fatto uscire quello che si nasconde dentro di te, sei stata, a tuo modo, sincera”.

Il presidente della cooperativa sociale continua dicendo che sin dall’inizio del loro progetto avevano messo in conto atteggiamenti come questo. Semmai, a sorprenderlo negativamente, è “l’assenza della rete che doveva sostenere questo progetto rivoluzionario, degli intellettuali e di gran parte degli attivisti delle associazioni culturali di impronta progressista o del mondo cattolico, della cooperazione, degli ‘amici'”. Quindi le considerazioni finali: “Il ‘povero nero’ è bravo e fa bene alla coscienza attraverso le opere di carità ‘inclusive e antirazziste’ dell’uomo bianco italico fin quando fa il lavapiatti o si occupa delle pulizie, cioè rimane al suo posto e non aspira a migliorare la sua condizione sociale. Ma se il nero, grazie al genio che la Natura, per fortuna, dispensa a caso e senza distinzione di sesso o di colore della pelle, diventa uno chef, un capo, diventa più bravo di me o di mio figlio, allora questo non va più bene. Diventa, appunto, troppo”.

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