di Antonio Andolfi

Attualmente si parla tanto del ponte sullo Stretto. Ha inaugurato questo argomento il ministro Matteo Salvini appena sedutosi sulla poltrona del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Eppure, al di là dei numerosi problemi tecnici, ambientali, economici e sociali sollevati e non ancora chiari, penso che manca una domanda fondamentale. Cercherò di presentarla, premettendo alcune cose:

1) la popolazione siciliana sta diminuendo (da oltre cinque milioni nel 2011 a quattro milioni e 800 mila nel 2021). Anche l’età media scende, così il siciliano medio pensa prima e di più alla salute che a un viaggio. Poi il denaro è fortemente diminuito fra entrate e uscite nelle famiglie;

2) la maggioranza dei siciliani decide di scegliere come mezzo di trasporto l’aereo, conveniente per tempi e costi rispetto ad altri. Catania è il primo aeroporto del sud e il quinto d’Italia. Dichiarano le Ferrovie dello Stato che il traffico ferroviario non è tale da giustificare investimenti per l’alta velocità nella tratta Salerno-Reggio Calabria. L’hanno definito nei prossimi programmi d’investimenti. Poi per le merci le navi container sono assolutamente economiche;

3) le società dei traghetti si stanno attrezzando per navi più veloci, spaziose e a metano (un domani funzionanti anche a idrogeno?) per una concorrenza a un eventuale ponte. Si critica il costo del traghetto, ma sappiamo quanto verrà a costare il pedaggio per il ponte? Così auto e tir dovranno non solo pagare per effettuare circa 22 chilometri, non tre, pensare che potrebbero esserci code, incidenti, blocco del ponte per troppi venti in quota, manutenzioni improvvise, ecc. Allora tanto vale usare il solito e sicuro traghetto migliorato in capacità e tempi d’attesa.

Fatta questa premessa pongo la domanda: a cosa servirà quest’ennesima cattedrale nel deserto? Se ci interroghiamo più a fondo troviamo che il costo dichiarato dal governo è solo una parte. Il ponte diventerebbe un pozzo senza fondo di lavori che continuerebbero anche dopo l’eventuale termine della sua costruzione. Gli esperti del settore sanno quanto si spende per tenere in piedi una grande opera. Il Golden Gate Bridge viene quotidianamente ricoperto di minio, squadre di operai stanno sui ponteggi a lavorare: ma siamo in California, non in Sicilia. Per cui questo progetto sarà solo un grande regalo di noi italiani a due cosche: quella della multinazionale del cemento e della mafia.

Quanti dubiteranno di possibili punti dove è stato utilizzato cemento impoverito? È un pensiero reale, se pensiamo alla totale mancanza di scrupoli degli imprenditori per la manutenzione del ponte Morandi. Poi l’opera sarà venduta a noi siciliani e calabresi come un grande investimento fatto per noi.

Alla fine sarà l’ennesima cattedrale nel deserto incompiuta che lascerà un territorio violentato, anche se i lavori venissero fermati subito dopo. Noi siciliani conosciamo cattedrali nel deserto piovute dal Nord che hanno violentato e inquinato l’ambiente e le menti apportando un distorto ed effimero sviluppo. Mi riferisco alle cattedrali industriali di Gela e Priolo, con gli alti camini divenuti simboli fallaci. Quella volta una volontà esterna comprò i poteri locali, assoggettò tutti e tutto per dissanguare una bella terra che avrebbe potuto svilupparsi a misura d’uomo partendo dalle sue potenziali capacità.

Attualmente lo Stato non pensa al risanamento, solo al prelievo dei profitti da petrolio. In questo modo ciò fa pensare a uno Stato che rimane sempre rapace da quel lontano 1861.

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