Il caos sul Reddito di cittadinanza, i rinvii sul salario minimo, l’evanescenza della presidente del Consiglio sulla strage di Bologna, l’uscita disastrosa di Piero Fassino sul suo stipendio. Pierluigi Bersani vede tutto questo da fuori del Parlamento. L’ex segretario del Partito democratico dice la sua alla Stampa, in una lunga intervista, in cui attacca frontalmente il governo Meloni su più argomenti, in particolare quelli socio-economici. Come l’incredibile baraonda sullo stop al Reddito: “Questa è la brutalità di gente che non riconosce la povertà. La ministra Calderone dice che, chi vuole, il lavoro lo trova: evidentemente viene da Marte“. La ministra dice che la misura non ha prodotto niente sotto il profilo dell’occupazione? “Se anche avessimo un tasso di disoccupazione paragonabile alla Germania – risponde l’ex segretario democratico – come si spiega che anche la Germania ha un reddito di ultima istanza? Nessuna società è così perfetta da non avere a che fare con la povertà. Il loro è un fatto ideologico: i poveri secondo loro sono quelli che stanno sul divano”. Certo, non aiuta parlare di queste cose mentre un deputato del Pd – peraltro autorevole, suo predecessore alla guida del partito – si alza a Montecitorio e sventola la busta paga di quasi 5mila euro dicendo che non è d’oro”. “Basta leggere i giornali o dare un’occhiata ai social per capire l’opportunità di quell’uscita” è la risposta tombale di Bersani.

L’ex segretario Pd è severo sull’atteggiamento tenuto sulla strage di Bologna dalla premier Meloni, che non è riuscita (unica carica istituzionale tra le prime quattro) a sottolineare che l’esecuzione fu di marca neofascista. “C’è una saldatura della verità storica, politica e giudiziaria. Se una persona non è in grado di riconoscerla, non merita il rispetto degli italiani, quand’anche fosse presidente del Consiglio”. L’ex segretario riprende la proposta di Augusto Minzolini (direttore del Giornale, ndr) per una “glasnost italiana”: “Ci sto. Partiamo da Ordine nuovo e tiriamo tutti i fili: noi con le Br lo abbiamo fatto, lo facesse anche la destra. E non c’è bisogno di commissioni parlamentari o altro, basta leggersi le carte dei processi”. Il linguaggio di Bersani si indurisce anche quando si tocca l’argomento delle commissioni d’inchiesta proposte dalle ex opposizioni diventate maggioranza, fino a quella sull’operato dell’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico: “Quando si pensa a una Commissione su una persona, come non sentire un vago sentore di manganello?”.

E poi ci sono le questioni economiche. Per esempio il rinvio a settembre – che rischia di essere a data da destinarsi – del dibattito su una legge per un salario minimo garantito. Eppure, ricorda Bersani, “se il 75% degli italiani è favorevole e quasi tutta Europa lo applica, vorrà dire qualcosa” commenta con la Stampa. L’ex ministro dello Sviluppo vede “una linea di politica economica e sociale che metterà rapidamente l’Italia fuori dai binari“. Spiega: “I beni alimentari sono aumentati del 4,7% in valore e calati del 5 in quantità: la gente paga di più ma compra meno. I salari hanno perso il 7,4% del potere d’acquisto. In questa situazione, si tolgono 3 miliardi dal sostegno alla povertà. Mentre le semestrali di banche e principali aziende segnalano bilanci record“. Per sciogliere i nodi del ragionamento l’ex leader del Pd la spiega così: “Un ricco non può mangiare dieci volte al giorno per sostenere l’economia. Non si campa solo di export: se non diamo fiato al mercato interno, rischiamo danni alla produzione industriale”. Invece la linea del governo è quella per cui non “disturba il manovratore” (e Bersani fa l’esempio degli extraprofitti) e cerca “illusoriamente di proteggere i piccoli imprenditori con sconti fiscali. Ma se il consumo di pesce crolla del 30%, a cosa serve dare alla pescheria lo sconto fiscale?”. E hai voglia di rinviare, secondo Bersani: se non sarà l’opposizione a vincere le resistenze del governo e se non sarà il governo ad avere “buona volontà”, la realtà si imporrà e “qualcosa saranno costretti a fare”.

Infine il Pnrr sul quale pure l’esecutivo sembra avvitarsi, anche se il ministro Raffaele Fitto ha garantito che tutti i progetti tagliati saranno rifinanziati. “Si sono incasinati – per Bersani – E sarà ora di dire che è il primo governo che arriva con 200 miliardi da spendere per tutto l’arco della legislatura? Altro che underdog…”. E a Francesca Schianchi che gli ricorda che la premier Meloni sostiene di governare in un periodo tra i peggiori della Storia repubblicana l’ex leader Pd ribatte: “Qui sorge spontanea una risata cosmica! Pensi che io ero abituato a governi dove per dare 5 dovevi tagliare 10, altro che 200 miliardi da spendere”.

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