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Trent’anni fa l’omicidio (ancora senza colpevole) delle 23enne Laura Bigoni: ma la svolta potrebbe essere vicina

di Alessandra De Vita

Dopo 30 anni, potrebbe esserci una svolta per l’omicidio di Laura Bigoni, ennesimo delitto italiano senza un colpevole. Oggi, sono trascorsi esattamente 30 anni dal giorno in cui fu ritrovato senza vita il corpo della 23enne, nella casa di vacanza a Clusone, in provincia di Bergamo. Il suo assassino, ovvero colui che l’ha ferita a morte con nove coltellate al petto e alla gola, non è mai stato identificato. Tutte le indagini si concentrarono all’epoca su Gian Maria Negri Bevilacqua, detto Jimmy, il fidanzato allora 23enne della vittima, che fu condannato a 24 anni in primo grado e poi assolto dalla Corte di Cassazione.

Le nuove indagini – Una nuova indagine sul caso è stata riaperta nel 2021 e la notizia è trapelata pochi giorni fa attraverso le pagine di un periodico molto letto nel bergamasco, Araberara, che aveva raccolto anche nuovi elementi su cui sta indagando la Procura di Bergamo insieme alla questura locale. Ciò è stato reso noto solo di recente, perché “Non pubblichiamo per dare il tempo di verifiche. Lo facciamo ora, due anni dopo. Con la macchina ancora in moto”, hanno spiegato i cronisti della testata. Questa nuova pista è stata innescata dalla testimonianza di una donna originaria anche lei di Clusone e che, come Laura, viveva a Milano, nello stesso stabile in cui hanno vissuto gli attori Dario Fo e Franca Rame e in cui i genitori della vittima prestavano servizio come portinai.

La testimone – Nel maggio 2021 una donna si imbatte nella notizia di un imprenditore milanese, arrestato per violenze sessuali a danno di ragazze: la sua memoria si sblocca di colpo, ne parla a un amico che contatta la testata sopracitata. C’è un inquietante dettaglio riportato nella sua testimonianza, che lega la donna alla povera Laura. Nel ’93, entrambe lavoravano per una ditta di pulizie del Comune di Milano da cui la donna si era licenziata perché un suo collega, rimasto, aveva tentato più volte di violentarla e la molestia sessuale era rimasta impunita. “Quando io fui aggredita, quel tizio aveva un accendino e una bomboletta – ha spiegato alla giornalista Aristea Canini -. Ho letto che l’assassino di Laura aveva tentato di dare fuoco al materasso con una bomboletta, una bomboletta di lacca. Mi vennero i brividi quando a Clusone fu uccisa la ragazza milanese. Lei lavorava negli uffici dove c’era questo tipo”.

Lo stalker – “Sporco, trasandato, aveva iniziato a seguirla ovunque – riporta il quotidiano locale Prima Bergamo – oscillando tra richieste di mettersi insieme e insulti pesanti davanti a tutti, anche al bar. Insomma, la ragazza non era più tranquilla”. Poi, l’episodio della minaccia con tanto di accendino e bomboletta spray. La donna fu costretta ad abdicare al suo lavoro, dopo le continue segnalazioni che furono purtroppo ignorate. Denunciò le molestie anche alle autorità ma non fu preso nessun provvedimento, sembrerebbe. Secondo il quotidiano di cui sopra, lo stalker sarebbe “Una persona che viveva con la madre, disturbato e con quattro rapporti per pedofilia (episodi davanti a scuole e asili) a carico, sotto controllo delle autorità ma, di fatto, ancora libero di agire indisturbato”.

Il delitto – Clusone, notte tra il 31 luglio e il primo agosto del 1993. Un ragazzo originario di Endine suona alla porta di un appartamento all’interno di un villino, una casa vacanze. Lì, dovrebbe attenderlo una ragazza, Laura Bigoni, conosciuta quella sera alla discoteca Collina Verde. Ma nessuno gli apre, così decide dopo un po’ di andarsene. Ma la donna non avrebbe potuto aprirgli perché era già stata trucidata con nove coltellate. Il giorno dopo, gli zii di Laura vedono del fumo uscire dall’abitazione: entrano in casa e vedono il suo corpo, riverso senza vita sul materasso che intanto era stato quasi incendiato. Questa è la scena del delitto ancora irrisolto di Laura Bigoni. Marco Conti, il ragazzo in questione, è stato l’ultimo a vederla viva e suo malgrado è rimasto anche lui all’epoca coinvolto in questa triste e torbida vicenda. Aveva 20 anni, oggi ne ha 50. In un’intervista al quotidiano Il Giorno ha dichiarato: “Questa vicenda mi è costata. All’epoca avevo perso il lavoro. Mi avevano messo la casa sottosopra. Avevo sentito anche un avvocato”. Si legge nella prima testimonianza, rilasciata alla stazione dei carabinieri di Clusone: “Suonavo il campanello, sentivo il suono nell’appartamento. Guardavo la porta che era composta anche di vetri e intravedevo che all’interno era accesa la luce. Suonavo solo quella volta, aspettavo qualche secondo, non sentivo alcuna risposta. Avevo anche un po’ di paura poiché non sapevo cosa c’era in casa, non conoscevo la casa e non conoscevo bene Laura e non potevo escludere che nella casa ci fosse il ragazzo o ci fossero i suoi genitori e pertanto ritornavo in strada. Giunto al cancello del cortile, c’era un signore che stava entrando che mi ha guardato, circa di 45-50 anni. Ho pensato che fosse il padre di Laura poiché mi guardò male”.

Il taxi giallo – Nel primo messaggio pervenuto alla redazione del periodico nel 2021, la donna ha raccontato: “Denunciai all’ufficio personale, denunciai sui giornali e per due anni dovetti chiedere aspettativa non retribuita e cambiare città, per salvare me e mio figlio. Pensa che io ero la settima collega che aveva tentato di violentare sul posto di lavoro, aveva anche quattro rapporti per pedofilia sulle scuole e asili. Era sotto controllo del Sisme ma era libero di fare quello che voleva. Mi vennero i brividi quando a Clusone fu uccisa la ragazza milanese. Lei lavorava negli uffici dove c’era questo bastardo. Era la povera Laura Bigoni. Lei, dopo il mio trasferimento, prese il mio posto. Questo bastardo era malato seriamente ma nessuno ha fatto qualcosa per fermarlo. Nel 1990 non c’era la legge della privacy e chiunque poteva leggere la cartella personale del lavoratore, dove c’era scritto dove abitava, il telefono”. La testimone ha anche aggiunto che il presunto molestatore – che sarebbe ancora vivo e vivrebbe ancora a Milano – saltuariamente arrivava sul posto di lavoro a bordo di un taxi giallo di proprietà del fratello. Particolare sinistro perché alcuni testimoni, all’epoca dei fatti, dichiararono di avere visto un taxi giallo sotto l’appartamento di Laura Bigoni la notte stessa in cui fu assassinata. Dopo l’arrivo di questo messaggio in redazione, i giornalisti di Areberara hanno verificato la fonte, raccolto i dati per poi consegnare tutto alle autorità, nel 2021, da cui poi c’è stata la riapertura delle indagini.

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