di Giuseppe

Ho assistito in questi giorni, con stupore misto a tristezza, ai continui lanci di agenzie stampa del Comune di Palermo e della Regione Siciliana che notiziavano di “vertici”, “conferenze di servizi”, “tavoli” sul “da farsi” per fronteggiare l’ennesima emergenza “incendi”, culminata con la devastante situazione di pericolo di calamità pubblica che ancora persiste a Bellolampo. Incommentabili, tra l’altro, le dichiarazioni di alcuni politici che hanno pontificato su eventi “imprevisti e imprevedibili”. Il tempo, e anche i nostri polpastrelli, sono risorsa preziosa.

Da stigmatizzare, invece, è il topolino che partorisce questa montagna di incontri di sindaci-governatori-etc, e mi riferisco soprattutto alla situazione che da anni soffre quella “bomba ecologica” che risponde al nome di “discarica di Bellolampo”. Questo sistema, folle già di per sé, di vasche gigantesche contenente migliaia di tonnellate di immondizia dobbiamo tenercelo per chissà quanti anni ancora, in attesa di improbabili incrementi della raccolta differenziata e di termovalorizzatori moderni.

Da anni la “bomba Bellolampo” subisce sistematici incendi dolosi, ma ancora si insiste ad affidare la vigilanza di questo obiettivo ultrasensibile (perché la diossina uccide, non è profumo) alla stessa RAP, cioè alla partecipata del Comune. I nostri “governatori-sindaci-etc” si preoccupano di capire, ogni volta e anche oggi, solo dove convogliare l’immondizia, dato che per il momento non si può utilizzare totalmente la capacità di Bellolampo, ma nessuno si pone la questione di come evitare, prima che nasca, il prossimo incendio doloso, che sarà cadenzato e puntuale come le morti indirette, spalmate negli anni, che provocherà.

Questa sciatteria, questa mancanza di visione, questa irresponsabilità di chi ci governa, che non comprende che quel sito deve essere giorno e notte sorvegliato dall’esercito, anche attraverso videocamere, droni e riservate indagini (oltre che da turni di squadre di pronto intervento sul posto) mi convince sempre più che probabilmente c’è dell’altro, di marcio. E non mi si venga a dire che “manca il personale” o i mezzi, perché da anni gli stessi soggetti foraggiano la clientela di migliaia e migliaia di precari per alimentare serbatoi di voti o per forniture di cose inutili, o per altri noti sprechi di risorse per apparati di sottogoverno. Ergo, la liquidità per organizzare tale vigilanza armata h24 ci sarebbe.

E’ una città, questa mia Palermo tanto bella quanto maledetta, dove si pubblicizzano operazioni con uomini e mezzi per prevenire i disturbi da “movida”, dove si plaude alla riapertura di Via Roma dopo anni di folle interruzione per un canale di gronda da riparare, e dove si è inaugurata in pompa magna la riapertura del “cantiere della vergogna” in una arteria fondamentale, Viale della Regione Siciliana, dopo anni di inaudita strozzatura di un tratto di 30 metri a causa di “conflitti di competenza” su una riparazione da 400 mila euro.

Ma su Bellolampo si cincischia, indietreggia e caracolla sull’unica decisione da prendere prima che sia troppo tardi, e cioè trattare quel pericolosissimo sito con la stessa attenzione di vigilanza di una centrale nucleare. Nel 2020, all’ennesimo incendio doloso, l’idea di impiegare l’esercito a difesa del sito fu lanciata dall’ex tanto vituperato “4voltesindacollando”, senza seguito operativo. E invece continuano, i nuovi che avanzano, a far passerella con “pannicelli caldi”, contando sulla buona stella di un rinvio temporale del disastro annunciato, e fidando magari sul fatto che il “cerino acceso” (è il caso di dirlo), quando accadrà l’irreparabile, sarà in mano ad altri. Ma non è così.

Altro che “eventi imprevisti e imprevedibili”. Saranno egualmente colpevoli, invece, unitamente a un sistema di informazione distratto e altrettanto complice, che asseconda i vizi di un popolo senza memoria.

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