Nel Pinerolese, il distretto frutticolo più importante della provincia di Torino, l’anticiclone africano e le temperature record delle scorse settimane hanno portato con sé un fenomeno nuovo: la frutta che si ustiona. Le più esposte sono mele e pere, che già devono difendersi dagli attacchi della cimice asiatica (un altro effetto indesiderato del cambiamento climatico). “Succede perché le temperature del giorno non sono abituali per queste latitudini, abbiamo sfiorato i 37 gradi – spiega Sergio Bunino, produttore biologico e tecnico frutticolo di Coldiretti Torino –. Le bruciature si vedono dapprima sulla buccia, ma poi interessano anche la polpa, quindi il frutto marcisce”. I frutticoltori stimano di dover buttare tra il 15% e il 20% del prodotto, sempre a patto che la stagione non porti altri picchi di calore. “Per ovviare possiamo usare le reti antigrandine nere, che ombreggiano maggiormente i frutti più esposti, oppure delle polveri che li imbiancano e li schermano dai raggi solari”, prosegue Bunino.

Quasi un controsenso, se si pensa che il sapore zuccherino si sviluppa proprio per effetto dell’irraggiamento solare. “Le aziende sono in difficoltà perché il rapporto tra il prezzo a cui vendiamo la frutta e i costi che dobbiamo affrontare per proteggerci da queste calamità non è più conveniente”, commenta Silvio Priotti, frutticoltore di Cavour. Con il calo dei prezzi all’ingrosso delle derrate agricole e le risorse (oltre un miliardo di euro) stanziate dal Pnrr per gli impianti agrivoltaici, oggi molti produttori sono tentati di associare alla propria attività principale la produzione di energia green. “Pianteremo dei kiwi sotto i pannelli, perché sono da sottobosco e vivono bene nella penombra. Proveremo anche con meli e peri, ma con qualche accortezza”, conclude Bunino.

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