Ebbene sì, sono un boomer, uno di quelli che ragazzini e ragazzotti schifano per evidente inferiorità digitalculturale. E’ vero, in un passato ormai remoto sono stato il primo a portare i videogiochi in tv, mi sono sempre occupato di tecnologie e futuro, eppure è bastata mezz’ora per capire che oggi la mia generazione non può più comunicare con i millennials. Figuriamoci con la Generazione Z!

Almeno, ho la (magra) soddisfazione di avere allora intuito che proprio i videogiochi sono la chiave di accesso dei giovani al mondo digitale. Una ricerca presentata al festival romano di Videocittà 2023 ha rivelato infatti che su sette miliardi e quasi novecento milioni di abitanti del nostro pianeta, sono ben tre miliardi e mezzo quelli che accedono alla rete su siti di videogiochi o per video giocare a e-sport, muovendo un giro d’affari di oltre duecentoventicinque miliardi di dollari. La parte del leone? Naturalmente di TikTok (a me ovviamente estraneo), che solo lo scorso anno ha prodotto la bellezza di tre milioni di miliardi di visualizzazioni di gioco, o Twitch (a me proprio ignoto), sul quale i giovani dai sedici ai trentaquattro anni (la Z) si sono collegati nel 2022 per quasi ventitré miliardi di ore.

Venendo al nostro piccolo paesello mediterraneo, soltanto Twitch supera le trentotto milioni di ore di collegamenti mensili di quelli che sono quasi otto milioni di giovanotti che lo utilizzano, per una media di quasi due ore e mezza al giorno. Il 72% sono maschi, il 28% femmine.

Ma non pensiate che su Twitch si vada solo per videogiocare. Quella è una scusa. Come quando un boomer come me entra in un negozio di elettronica con l’idea di comprare un pacchetto di batterie AAA ed esce con un piatto Lenco a trazione diretta ammortizzato per suonare di nuovo tutti quei bei vecchi vinili impolverati. Twitch – ecco la mia epifania – è il Facebook di chi non supera la trentina e dove, oltre ovviamente a Fortnite o Fifa, si trova qualunque argomento, trattato da chiunque abbia qualcosa da dire.

Parlano di tecnologia nell’84% dei casi, di film nel 74%, di sport nel 73%, di musica nel 72%, di cucina nel 59% dei casi. Visivamente Twitch appare simile a Youtube, è invece una videochat infinita di questi giovani esseri umani apparentemente simili a me e, in realtà, così tanto diversi.

In questo mondo i divi non si chiamano Amadeus o Carlo Conti o Bruno Vespa, spesso sono “brand avatar”, umanoidi più o meno somiglianti al mondo fisico, che recano inconsci messaggi commerciali delle aziende che pagano per farli esistere, oppure sono umani veri e propri con nomi come Stermy, Dixon, Eze, Lyra Pramuk, Max Proietti. Quest’ultimo, per esempio, è un precoce laureato in psicologia che di psiche e sue ombre discetta per ore in rete. La qual cosa rivela l’estremo bisogno di socialità di millennials e ancor più di Generazione Z. Paolo Crepet ne potrebbe presto fare l’ennesimo libro, ma temo che sarebbe letto solo da boomer come me.

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