Via Fabio Fazio, via Bianca Berlinguer, via Annunziata, via la trasmissione Forrest dalla radio, via Marianna Aprile, via Luca Bottura, spostare Insinna per far posto a Pino Insegno, via Gramellini, via Andrea Vianello, ma l’elenco è in via di aggiornamento.

Non manca chi dice: “Finalmente, quello non mi è mai piaciuto…”. Premesso che ciascuno è libero di pensarla come vuole su ciascuno dei citati, sarà – tuttavia – il caso di rendersi conto che nessuno di costoro è stato indotto ad andarsene per le nostre eventuali critiche, ma più semplicemente perché alla destra servono tutti i posti e tutti gli spazi di palinsesto. Questi vogliono tutto e subito e per farlo usano tutte le armi, compreso il mancato rinnovo, il suggerimento, l’avvertimento. Hanno bisogno di riscrivere la Costituzione e di omologare nella memoria fascisti e antifascisti, chi ha servito lo Stato e chi si è servito dello Stato, chi ha contrastato la mafia e chi ha contrattato con la mafia.

Quanto sta accadendo alla Rai è già accaduto nei servizi pubblici ungheresi e polacchi. Nulla a che vedere con la vecchia lottizzazione, infatti non hanno nel mirino solo i nemici di sempre: all’epoca dell’editto i Biagi, i Santoro, i Travaglio, i Luttazzi. Stavolta il nemico è persino Amadeus, reo di aver portato troppi ascolti a Sanremo e di aver consentito l’elogio della Costituzione. Rai 3, in questo schema, deve essere distrutta dalla radice, e sostituta dal modello Rete 4. Una vera e propria “sostituzione etica ed editoriale”. Se l’azienda Rai perderà ascolti e soldi, finiranno nelle case di una concorrenza già controllata dalla Meloni, erede del “beato Silvio”.

Chi si illude di aver bloccato l’assalto al giornalismo di inchiesta presto scoprirà di essere stato beffato, perché il contratto di servizio che lega lo Stato alla Rai è l’unico testo che ha valore di norma, gli impegni a verbale di un amministratore delegato non contano nulla. Presto ripartirà l’assalto contro Report e contro le poche oasi sopravvissute: sarà il caso di alzare la voce prima che sia troppo tardi, ma forse è già tardi e il tema sembra non appassionare le opposizioni, ancora sospese tra la voglia di partecipare alla spartizione dei posti e il dovere di denunciare un colpo di mano che sarà la premessa per la costruzione di una Repubblica presidenziale a reti unificate e a Costituzione “imbavagliata”.

Noi di Articolo 21 ci proveremo comunque e abbiamo fissato una prima iniziativa nazionale per il prossimo 12 luglio a Roma casa delle donne, a partire dalle ore 18. Siete invitate tutte e tutti. A qualcuno non piacevano il “popolo viola” e neppure i “girotondi”, noi faremo di tutto per rianimare quelle energie e vitali che ancora esistono, ma rischiano, anche in questo campo, di non essere rappresentate, sostenute, incentivate.

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