Nei manuali di diritto costituzionale, che pure negli anni si sono fatti sempre più corposi, non solo non si trova un paragrafo, ma nemmeno un rigo in tema di esequie di Stato e di lutto nazionale. A colmare la lacuna ha provveduto ora il costituzionalista Alfonso Celotto, con un chiaro intervento pubblicato su La Stampa di martedì 13 giugno.

E’ indicata la legge 36 del 1987, sulle esequie di Stato, a cui ha fatto seguito vari anni dopo (2002) una circolare esplicativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri. In aggiunta, può essere indicato il regolamento adottato con dpcm nel 2006 (e modificato nel 2008) in materia di cerimoniale.

Come dispone la legge, le esequie sono a carico dello Stato per il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente della Camera dei deputati, il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Corte costituzionale “sia che il decesso avvenga durante la permanenza in carica, sia che avvenga dopo la cessazione della stessa”. Per i Ministri invece il funerale di Stato è dovuto solo se muoiono “durante la permanenza in carica”: singolare distinzione.

Del lutto nazionale la legge non parla. Ne parla la circolare qualificandolo “lutto pubblico” di dimensione “nazionale o locale”.

L’interpretazione che appare più coerente conduce ad unire il “lutto pubblico” ai “funerali di Stato”: il lutto pubblico è il segno formale di un cordoglio che è così avvertito, in senso istituzionale, da disporre un rito funebre celebrato secondo solenni e rigorose regole di protocollo (e ovviamente a spese dello Stato). Se c’è funerale di Stato, per ciò stesso, c’è lutto pubblico. Si può piuttosto ipotizzare il lutto pubblico senza funerali di Stato, laddove in particolare la famiglia del defunto non desideri il funerale di Stato.

I punti principali su cui riflettere sembrano però altri. In primo luogo, la doverosità per legge delle esequie di Stato, che sarebbe preferibile limitare (con modifica della legge 36/1987) al caso in cui muoia chi in quel momento ricopre una delle cinque più alte cariche dello Stato (come già in caso di scomparsa di un ministro: il funerale di Stato è dovuto solo per i ministri in carica). In altre parole, la doverosità del lutto pubblico si può intendere come momento di solenne commozione di fronte alla morte di persone che sono “simbolo pro tempore” della Repubblica democratica e dello stato di diritto.

Con questa modifica legislativa, gli ex Presidenti della Repubblica, gli ex Presidenti del Senato o della Camera dei deputati, gli ex Presidenti del Consiglio dei Ministri e gli ex Presidenti della Corte costituzionale rientrerebbero nella previsione legislativa delle esequie di Stato decise discrezionalmente come solenne saluto e ricordo tributato a persone che “abbiano reso particolari servizi alla Patria”, o che “abbiano illustrato la Nazione italiana nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, del lavoro, dell’economia, dello sport e di attività sociali” (come dispone la stessa legge 36/1987).

Ma una seconda modifica legislativa andrebbe operata: nel testo vigente della legge, la decisione discrezionale sui funerali di Stato è attribuita al governo. Tale decisione andrebbe invece attribuita al Presidente della Repubblica in quanto essa non riguarda affatto l’indirizzo politico di governo: è decisione di natura costituzionale, di alto valore costituzionale, morale, similmente alla nomina dei senatori a vita “per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario” (come dispone l’articolo 59 della Costituzione, attribuendo il potere discrezionale di nomina al Presidente della Repubblica, che agisce con “atto proprio”, cioè con decisione autonoma).

Se la legge 36 del 1987 fosse già formulata (dalla sua origine) nel senso qui indicato, le esequie di Stato in caso di decesso di un ex Presidente del Consiglio dei Ministri, anziché essere dovute per legge, sarebbero decise dal Presidente della Repubblica, secondo criteri di rango costituzionale esplicitati dalla legge ordinaria. E se inoltre la legge già stabilisse che qualsiasi sia stato il ruolo (le più alte cariche dello Stato) o il particolare merito del defunto non è tuttavia consentito disporre le esequie di Stato in caso di sentenze definitive di condanna per determinati reati dolosi, come per esempio quelli che offendono il valore di “solidarietà economica” (articolo 2 della Costituzione), il Presidente della Repubblica sarebbe correttamente esentato dal risolvere imbarazzanti dilemmi.

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