Longanesi diceva che “gli italiani alla manutenzione preferiscono l’inaugurazione”: nessun aforisma fu mai così azzeccato come per le cosiddette catastrofi naturali. Non fa notizia, secondo i nostri politici, non crea audience o immagine la creazione di sottoservizi adeguati quali fognature, etc, poi pulizia periodica di fiumi, fiumiciattoli, torrenti, tombini, meglio costruire ed inaugurare grandi centri commerciali e divertimentifici.

L’Emilia Romagna, che è tra le Regioni più fragili sotto il profilo idrogeologico, è nel contempo la terza regione più cementificata d’Italia. Premettendo poi che le alluvioni in Piemonte, Lombardia, Veneto e in Emilia Romagna, non sono una novità, chi ha visto almeno una volta la saga dei film di Guareschi su Don Camillo e Peppone ricorderà le sequenze dell’onda di piena del Po e quasi la santa rassegnazione unita alla pronta volontà di ripresa. Ciclicamente a novembre succede, e tragicamente famose quelle del novembre 1085, 1152, 1240, 1331, 1474, 1596, 1609, 1705, quella del 1951, la più ricordata per arrivare poi al 1994 in Piemonte, di Po e Tanaro. Nel 1152 quando il Po ruppe gli argini a Ficarolo cambiando la morfologia con il corso dei due rami a sud di Ferrara, il Volano ed il Primaro, pressoché scomparsi, incrementarono il ramo nord verso Venezia.

Nel 1951, sempre a novembre, dopo otto giorni di pioggia incessante, il Po ruppe nel parmense poi nel Polesine causando centinaia di morti. A tal fine fu istituito nel 1956 il Magistrato del Po, con sede a Parma e diretta derivazione del glorioso “Magistrato alle Acque” di Venezia, creato nella Serenissima nel 1501 dai 10 Savi e che ancora oggi esiste a Rialto. Il Magistrato del Po funzionava benissimo, curando la pulizia di tutti gli affluenti e non solo, aveva piccole stazioni idrometriche per tutto il percorso, come i tanti caselli Anas o ferroviari. Nel 2003 venne istituita l’AiPo, l’Agenzia interregionale per il fiume Po, che però non ha e non ha mai avuto la stessa capacità di intervento. Se qualcosa nello Stato funziona, lo si smantella subito, è la prassi.

Più rare le inondazioni a primavera, tutte avvenute dopo lunghi periodi di siccità, quella disastrosa dell’aprile 1949, prendendo origine da Torino, dove si ebbero per circa una settimana piogge torrenziali.

Per questo ritengo che parlare solo di cambiamenti climatici è fuorviante, almeno per quanto riguarda questa zona d’Italia abituata da tempi immemorabili alle cicliche alluvioni, siccità e poi piogge torrenziali oppure come giorni fa il ciclone.

Anche se quest’ultimo accadimento il Po non c’entra, occorre ricordare il ruolo straordinario svolto dal Magistrato del Po, come prima citato, creato, è il caso di dirlo, a per “arginare” questi problemi. I tanto richiamati cambiamenti climatici, argomento popolare nei media e sui social, non vanno confusi con gli eventi meteorologici ma dalla geomorfologia e dall’uso o meglio abuso del suolo. La creazione, e non chiusura di invasi, porterebbe a mitigare il clima e ridurre le criticità di una zona che ha bisogno di straordinaria portanza d’acqua, data la vocazione prevalentemente agricola di molte aree del ferrarese e ravennate.

Una situazione tutta da verificare, quella della diga di Ridracoli, in un primo tempo ritenuta responsabile della tracimazione della stessa. Bernabè, il Presidente della Diga, preso d’assalto dai media, ha tenuto a chiarire quanto fatto da Romagna Acque: “Abbiamo iniziato a regolare prima dell’emergenza i rilasci di acqua dalla diga: dalle 17.30 di lunedì pomeriggio abbiamo rilasciato 16 metri cubi d’acqua per secondo. Mercoledì mattina la diga tracimava con 21 metri cubi d’acqua al secondo, mentre dallo scarico di mezzo fondo venivano rilasciati altri 20 metri cubi d’acqua al secondo. L’invaso è stato costruito alto come muro per contenere 33 milioni di metri cubi. Oltre questo volume non contiene più acqua”.

Il Presidente ci tiene a sottolineare l’importanza del cosiddetto ‘Gigante della Romagna’ come effetto laminatore delle piene. “Non c’è nulla di vero – chiarisce anche riguardo la contaminazione delle acque – Ci possono essere disservizi localizzati nelle zone esondate o dove c’è mancanza di energia elettrica. Sulla potabilità non ci sono rischi: monitoriamo come gestore delle fonti tutte quelle situazioni che possono condizionare e contaminare l’acqua”.

La rassicurazione sulla potabilità dell’acqua è un fatto oggi smentito dalla Asl e Protezione Civile, anche se il fenomeno di gravi infezioni si riferisce soprattutto all’acqua stagnante, contaminata da carcasse di animali ed ogni genere di rifiuti. Una situazione drammatica determinata dall’enorme consumo del suolo perpetrato in una Regione, che a fronte di gloriose bonifiche, ha preferito trasformarsi da prevalentemente agricola a turistico alberghiera, cementificando ovunque anziché recuperare l’esistente. La pur lodevole capacità imprenditoriale degli emiliano-romagnoli, e la loro indiscussa forza d’animo, non deve anche in futuro essere un ostacolo alla salvaguardia del territorio e alla conservazione della bellezza.

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